Primi passi
Un primo significativo passo verso il miglioramento è sempre una bella notizia. Un colosso come la Nike che, finalmente, dice le cose come stanno fa effetto: nei mass media e nell'immaginario collettivo. Per la portata mondiale della sua presenza, per la sua celebrità ed anche perchè si sapeva altrettanto bene come la situazione lavoarativa ed umana non fosse né limpida, né accettabile, non tanto per i dipendenti diretti, quanto per quella immensa massa di lavoratori delle industrie fornitrici dell'Asia e dell'America Latina. Da sempre questo logo (marchio è riduttivo) era al centro dell'attenzione per la sua grandezza, direttamente proporzionale alla pochezza della sua ttenzione in tema di diritto del lavoro, prevaricato dai doveri e dalle iniquità umane. Questa famosa “delocalizzazione”, di cui Nike è stata pioniere, si è rivelata come una sorta di “neo colonialismo” produttivo, senza regole, senza ripensamenti. Si conoscono le condizioni al limite dell'umano che regnano in quei siti, soprattutto nel Sud-Est Asiatico. Sono stati denunciati, ripresi, condannati, ma hanno continuato ad imperare. Complice la regola del profitto e della visibilità: una delle tante pozze profonde in cui si fanno defluire moralità, senso civile e diritti umani. Gioco forza le migliaia e migliaia (con l'indotto più di 650000) di lavoratori, di ogni età, purtroppo, sono costretti a tacere e subire. Troppo alta ed evidente è la disparità tra una parte del mondo e l'altra. Se Nike ha deciso di darsi una regolata e di lavare i panni in pubblico, potrebbe essere che le cose sono diventate realmente insostenibili: l'immagine è tutto. Senz'altro le pressioni delle ONG e dei privati, ma anche la consapevolezza che uno stato in essere simile non è più governabile: o, almeno, non vale il rischio. Da qui a definirla una vittoria un po', però, ne passa. E' il discorso del bicchiere. Mettere giù dati, nomi, luoghi è qualcosa, fare cambiare le cose un'altra: aprirsi al controllo di Enti e Governi (laddove questi ultimi siano sensibili a questi enormi problemi, e la cosa non è scontata...) è un fatto importante. Ma se non cambierà la mentalità globale e di visione che la parte ricca ha di quel serbatoio umano e lavorativo che è il Mondo della Nuova Industria, ci saranno risultati sempre e solo parziali. Invertire una cultura, soprattutto una di sopraffazione e negazione di diritti, è un fatto lento, a volte impercettibile. Da qualche parte si deve pur partire, e questo, tra le molte falsità che ogni giorno ci vengono propinate e tutto quello che non sapremo mai, non è proprio il peggiore.
Anzi. 

Nota: tra poco anche qui.

Commenti

  1. bhè, però è già qualcosa. Ovvio, la strada è lunga e non credo che nessun colosso la percorrerà fino in fondo, ma da qualche parte bisogna ben incominciare...

    Elisa

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  2. come stanno le cose?

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  3. ?

    Come stanno le cose cosa?

    UA è una firma che non mi piace...

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  4. beh... è un passo avanti no?

    come articoli sportivi fanno cag***, ma almeno hanno un bel nome aziendale


    Nel 1985 erano spacciati. La Nike non se la filava nessuno. Sai chi li ha salvati? Michael Jordan. E poi Andrè Agassi. Ma soprattutto è grazie al primo che si deve il rilancio su scala mondiale del famoso marchio.


    Quando si dice che la sponsorizzazione è un contratto che conviene a tutti.


    ciao Daniele.


    P.

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  5. non ricordo nulla.


    www.orgasmosonico.ilcannocchiale.it

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  6. ... tornata ...


    Non vittoriosa, bensì vinta.


    Debora


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  7. Rallegramenti! :)


    Stefano

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  8. molto interessante. un ciao da erica.

    http://www.orgasmosonico.ilcannocchiale.it

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  9. Se vogliamo che i nostri bambini si tolgano i capricci, dovremo per forza far in modo che altri bambini ne paghino le conseguenze..........l'incognita é fino a quando sará cosí.........

    (Ezio)

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