House of Hope


 


Adesso bisogna ricostruire. Un'identità, un territorio: le sue case e con quelle pietre, lì, non altrove. Eppure un ricomporre dovrebbe essere iniziato, molto prima di un terremoto. Si sarebbe dovuto ripensare e rimettere insieme i pezzi dell'Italiano cittadino, del compatriota. Impresa ben più ardua e costosa di quella fisica del rifare le case e gli ospedali [sic].

Stupirsi della generosità e della prontezza di molti, adesso, è un bene prezioso e gratificante: dura il tempo, appunto, dello stupore. Uno stupore che non dovrebbe esistere, ma esser norma. Tant'è. La vita dei giorni cosiddetti normali è diversa, lo si sa da una vita. Qui da noi uno frega l'altro, in un via vai di furbizia e cialtroneria senza fine e senza un inizio: natura, modo d'essere, condizione ambientale e, sovrana, mentale.

Se il pizzicagnolo sotto casa tende a fregarmi, o se il concessionario, il costruttore, il tizio o caio che volete fa così, bisognerebbe rifare una mentalità, prima d'altro. Battaglia persa, chè ne dicano soloni e giornalisti, registi o preti. Un ospedale senza certificazione di agibilità è un segno come tanti di quello che siamo, saremo. E non vogliamo cambiare. La cosa certa è che la montagna di menzogne e ipocrisia è ben salda: non c'è terremoto che tenga o persone che la scalfiscano. Una certezza quasi consolante per i più. I più che fanno la somma.

Lawrence Weiner, "Earth to Earth...", 1970, Guggenheim Museum, New York.

Commenti

  1. Ciao Dolce Daniele :-)

    mi fa sempre piacere una tua visita, perchè ti porto nel cuore.

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  2. Quando leggo editoriali come quello di De Bortoli, tutti intrisi di stupore per il 'cuore' italiano [e di sproloqui senza senso sulla libertà di quella informazione che libera non è e mai sarà...] mi cadono le braccia... anzi no, mi incazzo veramente.

    E' la riprova che da una catastrofe naturale, contro cui in apparenza nulla si può fare, nonostante si arrivi a scoperchiare il classico vaso di Pandora, ci sia sempre un 50% di italiani che si voltano dall'altra parte, o che vogliono vedere solo una faccia della medaglia: quella che a loro fa comodo e, soprattutto, porta voti.


    ps. sì, lo so... sono in vena di polemiche :-)

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  3. Non per becero campanilismo, ma io mi augurerei che la ricostruzione in Abruzzo ricalcasse le orme di quella friulana...sarebbe gia' molto. Vedere il prima e il dopo di Gemona mi commmuove ancora oggi

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  4. Non si può neanche dire che sia iniziata la stagione degli opinionisti-un-tanto-al-kg, quelli che fanno a gara per riversare i pareri più eclatanti e stucchevoli, ma che non spostano un solo grammo di calcinacci.

    Torrenti, fiumi di parole, ma quando verrà il momento dei fatti, di ricostruire ci si curerà di guardare altrove, ci si dimenticherà in fretta delle responsabilità antiche e di quelle nuove, perché le calamità in questo Paese non hanno mai padri, zii o parenti accondiscendenti.

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  5. Mandi Daniele


    ... lanciatissimo? Si prima o poi lanciatissimo fûr dal balcôn :-)


    Condivido quanto hai scritto, ma è sicuramente la cosa più difficile

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  6. Mandare soldi solleva le coscienze. Come le quattro ave maria dopo la confessione, che non appena le hai dette ricominci a comportarti esattamente come prima. Serve invece piu’ partecipazione. Piu’ partecipazione diretta, per cambiare la macchina che a monte funziona col carburante della corruzione, e genera (ovunque) situazioni di pericolo, di morte, di inefficienza, di spreco, di ingiustizia e di sfruttamento; partecipazione per cambiare la macchina che dopo l’ennesimo disastro annunciato, quei soldi mandati dai “bravi” cittadini solidali li fagocita e li sperpera.

    E’ finito il tempo di demandare: demandare l’impegno votando dei politici che ci dovrebbero [sic!] rappresentare, demandare l’attenzione mandando dei soldi come tramite, cosi’ da sentirci in pace, senza sensi di colpa. La nostra economia e’ come gli acquedotti, che non portano acqua a valle perche’ la perdono lungo la strada.

    Ora non ci sono piu’ tramite, per risolvere il problema. Ora serve partecipazione diretta dei singoli nella vita della “polis”. O cambiamo tutti testa partendo da basso, e ci responsabilizziamo tutti quanti, o sara’ lo sfacelo totale.


    Gabriele

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