Discrimini
Che poi, di discriminazioni, ce ne sono a bizzeffe. Non è solo quella razziale che deve preoccupare. Ci sono quelle sul lavoro (e non conta la pelle, ma quanto uno è bravo a leccare: sono cose che si imparano a scuola), quelle tra gli amici, quelle negli asili e nelle scuole elementari. Insomma, basta pensarci un po' su e si capisce che viviamo immersi nelle differenze. Sono gli altri che appioppano etichette, che fanno e disfano giudizi, che si permettono di renderci diversi agli occhi altrui perchè ai loro, di occhi, si dà fastidio. Ci sono cose minime, quasi risibili, ed altre che portano a conflitti morali ed etici inenarrabili. Il tutto sotto la cappa protezionistica di una società storta, dove si sa chi la vince: chi sa sfangarla fottendo gli altri. Alla faccia della sana competitività e dell'aspirazione al miglioramento. Una battaglia con un sacco di morti e una moltitudine di vincitori, che pure infieriscono. Forza di volontà contro arroganza, zero a uno. Sì perchè discriminare viene facile, quasi automatico, Imbottiti di falsi sogni e di nessun ideale (tanto meno idee..), si vuol credere che tutto sia un gioco, in cui i dadi dei più danno sempre sei e quelli degli sfigati due, al massimo. Utopia di una paesino dove “tutti vogliono i figli manager, mica operai”. C'è da chiedersi (e costa farlo) come mai siamo ancora tra quegli Stati importanti, pieno come siamo di tutte queste amenità antropologiche ed indotte. O, forse, è proprio lì che vogliamo arrivare: all'appiattimento più brutale e inarrestabile. Si sa che il controllo viene meglio su menti già predisposte ed ossequianti.
Dura Lex, Sed Lex.
Che poi, di discriminazioni, ce ne sono a bizzeffe. Non è solo quella razziale che deve preoccupare. Ci sono quelle sul lavoro (e non conta la pelle, ma quanto uno è bravo a leccare: sono cose che si imparano a scuola), quelle tra gli amici, quelle negli asili e nelle scuole elementari. Insomma, basta pensarci un po' su e si capisce che viviamo immersi nelle differenze. Sono gli altri che appioppano etichette, che fanno e disfano giudizi, che si permettono di renderci diversi agli occhi altrui perchè ai loro, di occhi, si dà fastidio. Ci sono cose minime, quasi risibili, ed altre che portano a conflitti morali ed etici inenarrabili. Il tutto sotto la cappa protezionistica di una società storta, dove si sa chi la vince: chi sa sfangarla fottendo gli altri. Alla faccia della sana competitività e dell'aspirazione al miglioramento. Una battaglia con un sacco di morti e una moltitudine di vincitori, che pure infieriscono. Forza di volontà contro arroganza, zero a uno. Sì perchè discriminare viene facile, quasi automatico, Imbottiti di falsi sogni e di nessun ideale (tanto meno idee..), si vuol credere che tutto sia un gioco, in cui i dadi dei più danno sempre sei e quelli degli sfigati due, al massimo. Utopia di una paesino dove “tutti vogliono i figli manager, mica operai”. C'è da chiedersi (e costa farlo) come mai siamo ancora tra quegli Stati importanti, pieno come siamo di tutte queste amenità antropologiche ed indotte. O, forse, è proprio lì che vogliamo arrivare: all'appiattimento più brutale e inarrestabile. Si sa che il controllo viene meglio su menti già predisposte ed ossequianti.
Dura Lex, Sed Lex.
Tutto drammaticamente vero.
RispondiEliminaCaro saluto, anche per me è sempre un piacere venire a trovarti! :)
Passo, ti lascio un bacio e scappo. Mi sta stretto anche il web, ultimamente. Pensa un pò! A presto, scerì.
RispondiEliminaConcordo tristemente con quanto affermi , Daniele. Il controllo è diventato parte della formazione, invisibile dunque, apparentemente inesistente. E ... le amenità antropologiche , come le chiami tu, siamo anche stati in grado di esportarle!!! Belpaese Coglioni!
RispondiEliminaSalvo
cogli sempre nel segno, ma da "Etno-antropologa" lascimai dire che ogni gruppo vive sulle "discriminazioni": la maggior parte dei nomi dei gruppi umani si traduce con "Gli Uomini"
RispondiEliminaUn bacio Elisa