Dalle 22 alle 6


Io so cosa vuol dire non dormire.
Lavoro solo di notte: ci penso, ed in sette anni ho fatto finta di perdere il conto di tutte le nottate passate in fabbrica. Se lo faccio, mi sento ancora più fiacco.
Perchè la notte stanca, si trascina nel giorno, ed il giorno quasi non esiste più.
Ti alzi nel pomeriggio, quando riesci ad addormentarti: oppure di riposare non se ne parla affatto. E' che il tempo ti sembra di buttarlo via: lavoro, dormire, poche ore per il resto, ancora lavoro. Allora fai tutto un tiro, e la testa ti rimbomba di continuo, sei come in una scatola dalle pareti di cotone, rumori distanti, riflessi lenti. Fai cose per distrarti, e quelle magari importanti diventano insofferenza: anche un minuto che sembra perso, ti infastidisce.
D'inverno è ancora peggio.
Vai in fabbrica al buio, esci ed è buio, ti svegli ed è ancora buio: un piccolo antartide di due, tre mesi, in cui sprofondi, gli occhi si adattano e percepiscono solo la luce dannosa e traballante dei neon.

Fuori, quest'anno, non fa troppo freddo, ma dentro è sempre caldo: estate, inverno, qualsiasi stagione è piatta, livellata dal calore delle macchine, dai ventilatori che non girano, dai condizionatori intasati di fumi e ferro.
Sì, perchè le macchine in moto scaldano, ma nessuno sembra capirlo: un fiotto d'aria spudoratamente untuosa mi accoglie quando arrivo in reparto, le donne hanno ancora il maglione, rabbrividiscono sempre. Gli dico: “Guardate che qui tutto fa calore, non serve il riscaldamento”. Mi rispondono che loro si sentono peggio senza: sarà che non si muovono, che stanno sedute, a controllare, a guardare i difetti, a verificare che la macchina sputi roba buona. Io, invece, mi muovo in continuazione, ed è un bene: non mi serve riscaldarmi, non mi serve la giacca, sto in maniche corte e non mi addormento.
Non potrei neanche volendo.
Le macchine gridano, sferragliano, tossiscono, gemono e sbuffano: sbuffano olio, vapore, tutto sotto il tetto, chiuso. Il rumore non mi dà più fastidio: è come il ronzio di quando sali sui sentieri di montagna, arriva, sta, quando sparisce non ci stai pensando da molto.
I tappi per le orecchie non li porto, non lo fa quasi nessuno: i ragazzi di colore, sì, tutti, chissà perchè a loro non danno fastidio. Non sopporto nulla nell'orecchio, né in testa.
Alla faccia della legge sulla sicurezza, la legge meno seguita di tutte.

Anche parlare, scherzare o distrarsi con i colleghi diventa difficile.
Arrivi, alle dieci, bevi il caffè schifoso della macchinetta: non c'è altro, credo che il mio stomaco ormai sia avvolto da una patina fatta di quella porcheria che, ovvio, non ti sveglia affatto. Poi parti, con il lavoro ripetitivo, a memoria: la cosa buona è che sei veloce, ormai, e guadagni qualche minuto per una sigaretta, all'aria, fuori da quella stagnante porcheria volatile che respiri fino all'alba. Intanto, si cerca di mantenere un minimo di rapporto con gli altri: com'è andata a casa, che fai il fine settimana, pallone, donne, un po' di cazzate. Però, quando sono le due, le tre del mattino, t'è passata la voglia di relazioni umane: sei talmente stanco che non è più neanche un fatto fisico, è la testa che si mette in pausa, anche per chi ti sta attorno. Li ritrovi alle quattro, la pausa mensa. Non ho mai capito come cazzo si faccia a mangiare a quell'ora: mi siedo e davanti mi sfilano panini di tutte le misure, insalate, yogurth, pasta. A me non va giù nulla: continuo con il caffè innocuo e ci metto sopra l'amaro del tabacco. Il Venerdì spunta qualche bottiglia di birra o di vino, qualcuno porta da mangiare per tutti: allora, così non offendo nessuno, partecipi, controvoglia. Quel po' d'alcool che lì non ci potrebbe stare è l'inizio del week-end: le ultime due ore, di Venerdì, non si combina nulla. E vorrei pure vedere.

Una volta mi portavo le cuffiette, mettevo la musica e allontanavo il rumore. Ma il volume che dovevo tenere per sovrastare tutto quel clamore era troppo alto: dopo un'ora ti si spaccavano i timpani. Adesso non ci provo neanche più. Spengo il cellulare (per fortuna la gente, di notte, dorme, almeno spero) e lavoro. Ho sempre fatto il mio dovere, anche in quest'eternità al neon. Sì, qualche malattia qui e là, qualche permesso, un po' di ferie. Che poi c'è sempre quello che ti dice: “Sempre a casa, eh?”. Come se mi pagasse Lui. Che cazzo te ne frega se ogni tanto c'ho la febbre o il mal di stomaco: butta caso che sia pure vero. E' che dappertutto è così: tu non fai niente gli altri lavorano. E sanno che non è così, ma continuano. Invidie, ripicche, parole alle spalle. Ci faccio ancora caso, ma, di notte, anche queste cose sono lattiginose e stantie. E' tutto un altro mondo.
Adesso ci hanno detto che il nostro Reparto se ne andrà, lo portano all'estero, dove uno come me lo pagano 300€ al mese. Voglio vedere, però, se Lui il pezzo lo fa proprio come me: io li ho visti, sono venuti ad imparare. Giovani, la prima cosa che imparano è l'orario delle pause: si vede che è una roba temporanea, fare l'operaio, che se fregano. Sono sciatti, non parlano Italiano, non parlano Inglese: ridono, mi sa che ci prendono per il culo. Eppure io, dopo sette anni, tra qualche mese mi ritroverò in Cassa Integrazione, e loro, di notte, mangeranno salsicce e kren, facendo male il mio lavoro, ma costano talmente poco che chi comanda se ne frega se buttano un pezzo su due. Se sono fortunato, e un po' me lo sento, mi cambieranno di reparto: anzianità, carichi familiari e professionalità sono le tre cose per cui ti possono tenere, ed io sono messo bene. Mi obbligo ad essere ottimista e, piano piano, mi sto convincendo. Certo, altri colleghi, molti stronzi e qualche capetto imbecille con cui barufferò subito. Ma il lavoro è lavoro, anche di notte.

La gente che vive di giorno neanche s'immagina quanto amare possano essere certe albe in cui vedi di nuovo solo la notte.


► "Un ricordo, in silenzio": oggi su "Transit Beta Version".

Commenti

  1. Daniele, se posso dire (sì, lodico, questo è uno dei post più belli che tu abbia mai scritto (per lo meno... di quelli che ho letto io).

    Ho un amico che come te lavora in fabbrica, e come te fa il turno di notte, per qualche euro in più, dice. Ma sono anni che la sua vita è come capovolta, seppure all'apparenza, per noi, che viviamo di giorno... mah.

    Che dire? Anche le tue considerazioni sui lavoratori "alternativi". Io sono stata tempo fa in una fonderia piuttosto grande, ai dipendenti operai della fabbrica era consentito l'accesso in mensa... agli "altri", solo per fare un esempio, no... c'era gente che mangiava cosine raccapriccianti seduta per terra, senza contare il mancato uso delle più banali norme di sicurezza. A me, con il mio ridicolo elmetto giallo e occhialini in dotazione, sembrava di essere in un girone dell'inferno...

    Ma non ne so abbastanza, lo capisco questo...

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  2. Sì, immagino che i turni di notte siano bestiali, dovrebbero ancheesere pagati di più perché più stressanti, in teoria, anche perché tutti i tuoi normali cicli fisici si sballano, come dici anche tu, e poi anche quelli sociali, immagino, ammesso tu li abbia. Disprezzo quei cattivi imprenditori che non sanno trarre profitto dalla loro abilità manageriale, ma dai trucchi: le sovvenzioni di stato a pioggia per il nord-est bianco, gli operai sotto pagati.

    Il bravo imprenditore,e ce ne sono, non dovrebbe ricorrere a questi mezzucci per avere guadagno dalla sua produzione, ma come in tutte le cose, quelli bravi sono pochi... e poi si diventa avidi...

    ma quante bistecche puoi mangiare in un giorno? mai scordarselo...

    Era un po' il discorso che avevo fatto sull'altro blog, se non sbaglio, circa le nostre fabbriche installate nei paesi allora ancora extraeuropei, tipo Romania, dove il costo del lavoro faceva ridere. Speriamo sia vero che fra i progetti del governo c'è anche quello di ridurlo qui da noi,'sto benedetto cuneo che sarà la forma ma m'ispira, quando vedo certe facce, pensieri lubrichi, come direbbe Guccini... perché è chiaro che se ogni operaio ti costa il doppio di quel che gli metti in busta paga, non assumi, o assumi "cannibali" in nero.

    Circa la notte,beh, io soffro da anni e anni d'insonnia. Ora prendo quattro medicine diverse per dormire, sonni comunque agitati sovente da incubi e con brevi risvegli nei quali si infiltrano allucinazioni visive e auditive...conosco bene l'ora del lupo, anche per averla passata,per esempio, a passeggire avanti e indietro nei corridoi di un ospedale, quando pare che l'alba non arrivi mai, o per essermene stata zitta in silenzio rannichiata nel letto a invocare non so chi perché allontanasse i pensieracci che ti vengono a quell'ora, e mi fecesse dormire, per carità... mica puoi sempre leggere un libro a notte...

    La malattia, come sai, mi ha costretto fra le altre cose a rinunciare anche al lavoro..il mio lavoro richiedeva pc, telefono e mente lucida, che è quella che ora mi sta traendo...quante volte ho lavorato anch'io nel silenzio della notte o del primo mattino, quando le idee, almeno per me, sono più veloci, acute... un lavoro diverso, certo privilegiato, ma era il mio lavoro, e faceva parte di me, di quel che sono, e mi manca.

    Come mi avessero tolto un pezzo di dignità.

    Niente a vedere con te e i problemi che ti stanno travolgendo, anche se spero con tutto il mio affetto ne verrai a capo, ma la solidarietà da insonne, almeno quella c'è tutta.

    :-)

    In bocca al lupo, amico mio.

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  3. Per quattro anni ho lavorato di notte. Non in fabbrica, ma in albergo. Quindi tutto sommato, fra poltrone comode, silenzio, musica e al massimo qualche cliente rompipalle.


    Poste queste evidenti differenze, però, amavo lavorare di notte. Forse bisogna nascere nottambuli. Da piccolo dicevo che volevo diventare o un metronotte o Batman per vivere di notte, e dormire di giorno.


    E quel sentirti per qualche ora a notte l'unico uomo sulla terra, può essere molto esaltante, come molto malinconico.


    Ma ripeto, forse è questione di predisposizione, e di tipo di lavoro...

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  4. Questo post mi lascia senza parole.

    Una visione della notte (per motivi di lavoro) ben diversa dalla visione fascinosa che ne hanno molti.

    Non lavoro più di notte oramai da 5 anni. Ora la notte ha un altro senso per me. Me ne sono riappropriato.

    Dell'alba un po' meno.

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  5. daniele.

    io i post lunghi mica sempre li leggo.

    mica sempre ne ho il tempo.

    ma di alcune persone si, comunque.

    e, questo tuo, e' meraviglioso.

    buona fortuna.

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  6. O ai lavorât di gnot par 9 mês. Al é vêr ce ch'a tu disis e ancje ben sintût. O m'inpensi che une vôlte o eri pront a copâ le mularie che no mi lassave durmî e che zuiave tal curtîl. O ai vût le furtune di pierdi il puèst e daspó o ai scuignût citâ un'âltri. Sa tu sês otimist, a tu varès di cjatâ alc di miôr: Come me.

    Buine furtune!

    Bigo

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  7. Mi hai fatto venire in mente di quando, avrò avuto quattro o cinque anni, il mio papà mi portava il sabato mattina dove lavorava.

    lui era in un ufficio, ma c'ra tutta la stamperia vuota, e io camminavo a bocca aperta tra tutte quelle macchine enormi, con i fili colorati, e l'odore della stoffa e dei colori.

    Mi sembrava un mondo incantanto, fatto di giganti.

    era più bello che il momento magico in cui mi si apriva l'armadio della cancelleria e io potevo prendere una penna colorata. Verde, di solito.


    é un post bellissimo, bellissimo.

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  8. beh, innazitutto in bocca al lupo per il tuo futuro lavorativo.

    poi, che dire? è un post bello e terribile. da contemplare in silenzio.

    supramonte

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  9. Vorrei fare un commento un pochino intelligente a questo tuo bellissimo post, ma posso solo leggere le tue parole pensando a quelle di mio padre, che per decine di anni ha lavorato 12 ore al giorno così. Ed io che mi lamento della mia placida precarietà.


    Merci...

    Simona

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  10. L’aria poetica del post è talmente travolgente che alla maggior parte di noi sta ispirando pensieri teneri e struggenti. La notte ha un fascino tutto suo, ritmi e rumori e profumi neri. Induce all’introspezione. Sì, a me piace da morire.

    Ma le mie notti non hanno l’aura luminescente di un neon, né i colori falsati, il fetore chimico o il rumore alienante delle tue.

    Perché anche la notte, in fin dei conti, ha figli e figliastri. Un conto è viverla da poeti o da innamorati, altra cosa da operai o, peggio ancora, da malati.

    Grazie, Dani. Ci hai reso una bella testimonianza.

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  11. Un periodo, venticinquenne appena trasferito a Roma ho lavorato di notte in un albergo. E' stata una parentesi di un anno da incubo, non mi sono mai abituato, e dire che suonando la notte da quando avevo 16 anni, non riesco a dormire prima delle tre, ma l'alba è ben altra cosa.

    Ti ringrazio per la descrizione di questo esauriente post che da un quadro perfetto di realtà che io credo siano davvero disumane e ti faccio mille auguri per la tua situazione a dir poco durissima.

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  12. Daniele, non riesco a dirti altro ma devi sapere che ti voglio ancora più bene dopo questo tuo racconto...mi ricorda la mia città, mio padre che non dormiva mai e mio cugino che, sin da ragazzo, andava a far le notti all'Altoforno dell'Italsider... in quanto a me, come primo lavoro, ho fatto anche le notti (per via dei turni) al reparto speciale di infermeria dell'ex-IPPAI (istituto per l'infanzia abbandonata) con i piccoli micro e macrocefali, altri cerebrolesi che vegetavano o che si autolesionavano per cui venivano legati... tutti che si dovevano imboccare anche grandi oltre i 15 anni (destinati poi, alla maggiore età, al manicomio) ricordo poi in particolare altri piccoli questi coscienti e doppiamente sofferenti ...in particolare due di loro uno di 5 e l'altro di 6 anni, uno con un tumore agli occhi e l'altro immobile, costretto a letto per fratture scomposte dalla nascita alla spina dorsale e all'anca...tutti abbandonati dai propri genitori e familiari...che nessuno andava mai a trovare e che avevano solo noi assistenti di pulizia (era il mio caso) e le infermiere puericultrici o le vigilatrici d'infanzia a far loro un po' di compagnia...ti sono vicina e spero tanto che tu possa trovare un lavoro migliore che te lo meriti ...con tutto il cuore, pregherò per te e qualche Dio spero che mi ascolti...

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  13. Non fosse di una tristezza sconfortante questo post sarebbe bellissimo

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  14. Chissà perché tristezza non può far rima con bellezza...

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  15. E' un post lucido ed amaro...

    L'ho letto con un senso di disagio per l'indifferenza con cui non considero queste situazioni da vicino, di solito fanno parte della lettura nei quotidiani. Mio padre lavorava anche di notte, con i turni, però la situazioni che tu poni è diversa.

    In bocca al lupo perchè tu possa avere dei risvolti positivi, altre considerazioni risulterebbero sterili..

    Abbraccio

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  16. Mi hai donato una lucida angoscia ... bellissimo post!


    PS: per il mio post su Hubbard, il titolo è ironico (penso che si capisca in seguito dal taglio della biografia) ... è ora di conoscere questa "religione" di cui si parla troppo poco e in termini troppo vaghi. Per questo ho iniziato a fare delle ricerche e quel post è un sunto di ciò che ho trovato su Ron Hubbard.


    A presto ... e un abbraccio!

    Lady RoseNoire

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  17. Stavo pensando...


    Azz, i turni...

    me li ricordo,

    brutta cosa.

    Se posso darti un consiglio:

    Tieni duro, e pensa che vivi in un paese pieno di opportunità,io ho fatto mille lavori.

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  18. @ tutti: grazie, di cuore. Devo specificare che questo post è tutto vero, anche se io certe cose non le provo direttamente. Non lavoro sempre di notte, occupandomi di qualità. Capita, ma i miei migliori amici sono operai e mi raccontano, parlano. Ed io sono fiero di avere colleghi così!

    @ bigo: sperìn bèn! Mandi, bièl.

    Daniele

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  19. non ti dico niente, lo linko sul mio blog!


    ti abbraccio, danie'


    F.N.

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  20. Il lavoro debita 'uomo :-(


    Carissimi saluti e auguri tardivi di buon anno!

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  21. Dan, ora anche tu hai l'occasione per rompere un'amicizia sul nascere, ti ho coinvolto in un gioco...

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  22. ehi...come va?com'è cominciato questo 2007? silvia

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  23. Non scrivo più molto, non ne ho troppa voglia ultimamente. Gli auguri erano validissimi, grazie! Del resto anche dopo natale, auguri e pacche sulle spalle fanno sempre piacere.

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  24. Sempre più sconcertante e scandalosa l'abitudine di molti imprenditori di trasferire tutto in paesi dove la manodopera poò essere retribuita con salari da fame;

    la vita passata con le lancette dell'orologio al contrario ai cicli di luce e buio immagino sia infernale-

    io per necessità l'ho fatto alcune volte quando le agenzie interinali mi chiamavano per fare gli inventari nei grandi ipermercati e stavo male per giorni

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  25. Mammamia ....


    E' nato un nuovo blog... ventiezerosette ...


    Lorenews e Andimo :)

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