La mia città
La mia città è nel mezzo: nel mezzo dei campi che la circondano ed è a mezzo tra l'essere una grande città e rimanere quello che è, un paesone di Provincia. Domenica, Messa: poi, stadio, quando capita. Sennò TV e famiglia. La mia città sembra non avere passioni travolgenti: ci si sente un po' al chiuso, ma nessuno si lamenta. Il giornale, la mattina, dice sempre le stesse cose: la pagina più letta è quella dei morti. Nella mia città non è vero che tutti si conoscono, ma è difficile camminare senza incontrare qualcuno che non si è mai visto. Nei bar, sempre pieni, la gente discute delle cose minime, si accapiglia senza volerlo, poi fa la pace nel vino.
Oggi, o forse solo oggi me ne accorgo, la mia città è cambiata. Non è cambiato il suo orizzonte, i suoi palazzi o le piazze, non è cambiata la sua strada principale, sempre piena di persone e di buchi vuoti al posto dei negozi: è cambiata la gente, sono cambiati i visi, è cambiato quello che mi passa accanto. Ci facevo caso, che non capita quasi mai: se cammino, guardo verso il basso, difficile che incroci gli occhi di qualcuno. Sono così: un orso, forse, solamente timido, probabilmente scontroso. Eppure, per terra, oggi c'ho trovato dei mendicanti, della gente stracciona che tendeva la mano. Nella mi città era difficile vederne: saranno stati cacciati, o nessuno ci pensava, presi tutti come matti ad apparire e a non essere. Invece, oggi, un uomo, vecchio, stava in ginocchio; puzzava già a cinque metri, sembrava pregare, con gli occhi rossi e spalancati a guardare il cielo di marmo del portico. Guardo, trio dritto, mi sembra di non respirare. E non basta: dopo la piazza, quella che ci invidiano in tutta Italia, una nomade (una zingara, insomma) che spudoratamente mi dice “Buona fortuna” e mi sbatte davanti una mano lercia, che io evito con uno scatto.
Schifo.
Fosse solo questo.
E' pieno di negri, dappertutto: non sento parlare più il mio dialetto, neanche l'italiano. Pensavo di sognare, lì, sui marciapiedi della mia città: neanche a farlo apposta, ovunque mi volto, cinesi, islamici, di tutto. Prova a non pensarci, ma è un continuo. L'autobus si ferma e vedo che anche lì, sedute, ci sono due negre, con i figlioletti sulla schiena, come le scimmie. Mi dico, ma è possibile? Che fine stiamo facendo? Sembra ci abbiamo sterminato: devo andare dal Beppe, a bere un caffè, per sentirmi meno spaesato. Ma la sua cameriera è polacca: e che cazzo, non sa neanche dire bene “buonasera”.
Qualcosa non va, perdio, non va, non va proprio.
Non va che la mia città sia invasa. Non incazzarti, amico, dovresti vedere cos'è nelle metropoli. Ma a me che mi frega, delle metropoli? Ad ognuno il suo: se metto una mela marcia in mezzo ad un campo, non la vedo, ma se la sbatto in un cestino eccome se la noto. Qui non c'è posto, ragazzi: non c'è lavoro per noi, figurati se c'è per “Loro”. Eppure spuntano dappertutto: barboni, cialtroni, gentaglia. Vengono qui, vogliono i nostri soldi, si prendono le strade. E poi, possibile che non abbiano mai un cazzo da fare? Io lavoro come un mulo, mi rompo letteralmente il culo, per avere ciò che desidero, e questi sempre in giro, a ciondolare sui gradini delle chiese, a bere birra sullo spiazzo davanti ai negozi o sulle piazze: possibile che non stiano mai a fare qualcosa? E si sa, chi non fa niente, o ruba o ruberà: me lo dicevano anche i vecchi, e i vecchi hanno ragione. Cazzo.
Rivoglio la mia città. Mi sentite? Capite quello che dico? O siete diventati tutti “internazionali” e non capite più la vostra lingua? Dico a Voi, quelli che fanno entrare a frotte questi derelitti e poi me li mollate in mezzo alle balle. Vi rendete conto che non si va avanti, così? Rivoglio marciapiedi sgombri, piazze libere, gente che si fa i cazzi suoi e che non urla per parlare. Ne ho diritto. Sono nato qui, vivo qui, e non è colpa mia se c'è gente che muore di fame, che non sa che farsene della vita perchè una vita non ce l'ha. Io sto bene: sudo e lavoro, mi godo i miei soldi e pago le tasse. Non facciamo che mi prendete per il culo: questa città è mia, come di tutti quelli che sono onesti e italiani. Fate finta di non capire, eh?
Sempre così; a riempirsi la bocca di paroloni, “solidarietà”, “aiuto”, “fratellanza”. E poi ci troviamo circondati di fantasmi puzzolenti. Bravi.
Vi ho votato contro, sempre, a Voi che mi avete stravolto la città.
Ma la pagherete. Pagheranno tutti quelli che storpiano la nostra la nostra storia, che vogliono insegnarci a vivere. Si sta bene per conto nostro, rendetevene conto. Il vostro Governo cadrà ed io piscerò sui vostri paroloni. Promesso: questa città tornerà come prima.
(Dato che nel primo commento c'è già un fraintendimento...questo è un racconto, non è il mio pensiero! Oh, fjoi, non scherziamo! Ho cercato di immedesimarmi in persone che esistono, lo sapete. Se i toni sono pesanti, dovreste sentire quello che mi capita di ascoltare in fabbrica. E poi il riferimento al Governo è voluto: una certa parte di questo Paese queste cose le pensa, rendiamocene conto. Mica finirò al rogo per una cosa di pura fantasia? Su...)
La mia città è nel mezzo: nel mezzo dei campi che la circondano ed è a mezzo tra l'essere una grande città e rimanere quello che è, un paesone di Provincia. Domenica, Messa: poi, stadio, quando capita. Sennò TV e famiglia. La mia città sembra non avere passioni travolgenti: ci si sente un po' al chiuso, ma nessuno si lamenta. Il giornale, la mattina, dice sempre le stesse cose: la pagina più letta è quella dei morti. Nella mia città non è vero che tutti si conoscono, ma è difficile camminare senza incontrare qualcuno che non si è mai visto. Nei bar, sempre pieni, la gente discute delle cose minime, si accapiglia senza volerlo, poi fa la pace nel vino.
Oggi, o forse solo oggi me ne accorgo, la mia città è cambiata. Non è cambiato il suo orizzonte, i suoi palazzi o le piazze, non è cambiata la sua strada principale, sempre piena di persone e di buchi vuoti al posto dei negozi: è cambiata la gente, sono cambiati i visi, è cambiato quello che mi passa accanto. Ci facevo caso, che non capita quasi mai: se cammino, guardo verso il basso, difficile che incroci gli occhi di qualcuno. Sono così: un orso, forse, solamente timido, probabilmente scontroso. Eppure, per terra, oggi c'ho trovato dei mendicanti, della gente stracciona che tendeva la mano. Nella mi città era difficile vederne: saranno stati cacciati, o nessuno ci pensava, presi tutti come matti ad apparire e a non essere. Invece, oggi, un uomo, vecchio, stava in ginocchio; puzzava già a cinque metri, sembrava pregare, con gli occhi rossi e spalancati a guardare il cielo di marmo del portico. Guardo, trio dritto, mi sembra di non respirare. E non basta: dopo la piazza, quella che ci invidiano in tutta Italia, una nomade (una zingara, insomma) che spudoratamente mi dice “Buona fortuna” e mi sbatte davanti una mano lercia, che io evito con uno scatto.
Schifo.
Fosse solo questo.
E' pieno di negri, dappertutto: non sento parlare più il mio dialetto, neanche l'italiano. Pensavo di sognare, lì, sui marciapiedi della mia città: neanche a farlo apposta, ovunque mi volto, cinesi, islamici, di tutto. Prova a non pensarci, ma è un continuo. L'autobus si ferma e vedo che anche lì, sedute, ci sono due negre, con i figlioletti sulla schiena, come le scimmie. Mi dico, ma è possibile? Che fine stiamo facendo? Sembra ci abbiamo sterminato: devo andare dal Beppe, a bere un caffè, per sentirmi meno spaesato. Ma la sua cameriera è polacca: e che cazzo, non sa neanche dire bene “buonasera”.
Qualcosa non va, perdio, non va, non va proprio.
Non va che la mia città sia invasa. Non incazzarti, amico, dovresti vedere cos'è nelle metropoli. Ma a me che mi frega, delle metropoli? Ad ognuno il suo: se metto una mela marcia in mezzo ad un campo, non la vedo, ma se la sbatto in un cestino eccome se la noto. Qui non c'è posto, ragazzi: non c'è lavoro per noi, figurati se c'è per “Loro”. Eppure spuntano dappertutto: barboni, cialtroni, gentaglia. Vengono qui, vogliono i nostri soldi, si prendono le strade. E poi, possibile che non abbiano mai un cazzo da fare? Io lavoro come un mulo, mi rompo letteralmente il culo, per avere ciò che desidero, e questi sempre in giro, a ciondolare sui gradini delle chiese, a bere birra sullo spiazzo davanti ai negozi o sulle piazze: possibile che non stiano mai a fare qualcosa? E si sa, chi non fa niente, o ruba o ruberà: me lo dicevano anche i vecchi, e i vecchi hanno ragione. Cazzo.
Rivoglio la mia città. Mi sentite? Capite quello che dico? O siete diventati tutti “internazionali” e non capite più la vostra lingua? Dico a Voi, quelli che fanno entrare a frotte questi derelitti e poi me li mollate in mezzo alle balle. Vi rendete conto che non si va avanti, così? Rivoglio marciapiedi sgombri, piazze libere, gente che si fa i cazzi suoi e che non urla per parlare. Ne ho diritto. Sono nato qui, vivo qui, e non è colpa mia se c'è gente che muore di fame, che non sa che farsene della vita perchè una vita non ce l'ha. Io sto bene: sudo e lavoro, mi godo i miei soldi e pago le tasse. Non facciamo che mi prendete per il culo: questa città è mia, come di tutti quelli che sono onesti e italiani. Fate finta di non capire, eh?
Sempre così; a riempirsi la bocca di paroloni, “solidarietà”, “aiuto”, “fratellanza”. E poi ci troviamo circondati di fantasmi puzzolenti. Bravi.
Vi ho votato contro, sempre, a Voi che mi avete stravolto la città.
Ma la pagherete. Pagheranno tutti quelli che storpiano la nostra la nostra storia, che vogliono insegnarci a vivere. Si sta bene per conto nostro, rendetevene conto. Il vostro Governo cadrà ed io piscerò sui vostri paroloni. Promesso: questa città tornerà come prima.
(Dato che nel primo commento c'è già un fraintendimento...questo è un racconto, non è il mio pensiero! Oh, fjoi, non scherziamo! Ho cercato di immedesimarmi in persone che esistono, lo sapete. Se i toni sono pesanti, dovreste sentire quello che mi capita di ascoltare in fabbrica. E poi il riferimento al Governo è voluto: una certa parte di questo Paese queste cose le pensa, rendiamocene conto. Mica finirò al rogo per una cosa di pura fantasia? Su...)
Daniele, ti stimo troppo per non prendere in considerazione questo sfogo.
RispondiEliminaIl come prima non esiste. Non è mai esistito. Viviamo nel cambiamento. Ci piaccia o no.
E più passa il tempo e più proveremo i nostri ideali, sulla scorta dei fatti.
Siamo in grado di mettere in gioco i nostri privilegi? Oppure abbiamo scherzato sin qui?
Quando toccherà a me ti saprò dire.
Cari saluti
Per tutti!
RispondiEliminaE' un racconto, mica il mio pensiero!
OH!
:-)
Daniele
Cazzo, Daniele. Sembra L'Avvelenata. E di più. E diversa.
RispondiEliminaNulla tornerà mai come prima.
Sospiro di sollievo :))
RispondiEliminaProtokol nomer 352877654434/ud
RispondiEliminaOggetto: non specificato
Stimato Compagno,
dopo attenta e partecipe analisi, la Commissione che tutela i blog coltivati dal KGB è fiera di confermare che si tratta proprio di un racconto, che ben riflette un modo di pensare - ahinoi - comune, e di certo non il tuo. Del resto, come disse il compagno Leonid Il'ič, "la nostra via è l'edificazione pacifica".
Con stima e ed esplicito affetto,
Firmato:
Compagna Blondinka Mirumir
sarà anche un racconto di fantasia ma se non ricordo male la prima fu proprio la rossa Emilia Romagna a dire: ragazzi, qui spazio,lavoro, casa , asili scuole etc per tutti non ce n'è! quindi, fin qui entrate, e gli altri, mi spiace, ma ciccia. Poco popolare e demagogico, ma onesto. E realistico, al di là di tante fumosità: passata la commozione per l'ennesima carretta del mare, in pace con la coscienza per il senso di umana solidarietà, chi sa quelle persone chi sono in realtà?che fine fanno, nei lager di accoglienza? come e perché svaniscono, evaporano, diventano trasparenti, come sono spesso trasparenti quei barboni che descrivi, e che ti assicuro, a Milano ti costringono a diventare duro. Ogni carozza della metropolitana ha il suo ragazzino rumeno che intona la cantilena, uguale alla virgola per tutti: sono una famiglia povera etc etc.
RispondiEliminaFermata della metro: loro passano alla carrozza dopo e sulla tua salgono due suonatori che paiono usciti da un film di Kusturica, e massacrano O sole mio, e poi elemosinano "anche solo 1 centesimo"... se sei sfigata e hai una quindicina di fermate per andare al lavoro, ogni mattina avresti già il borsellino vuoto , o il magone (ovvio uso dei minori sfrenato, per risvegliare senso di colpa...perché i carabinieri o la polizia non c'è mai, per questo sfruttamento di minori che dovrebbero essere a scuola, non ad accattare o cercare di infilarti le mani nella borsa?)
Esiste anche l'impenetrabilità dei corpi politica e geografica, eh, che per il cambio stagionale negli armadi ha fatto tanto ridere Lama...
solo che se lo dici sei un legaiolo etc. però se ce n'è per dieci, allunghi un po' il brodo e arrivi a 15, con sforzo e facendo mangiare poco e male tutti, magari a 20, metti, ma poi?...
E' vero che per il momento la maggior parte dei lavori che gli italiani non vogliono più li fanno gli immigrati, ma c'è anche un reale limite di saturazione, e anche se pare da stronzi di destra dirlo, è solo una verità elementare:
l'Italia ha un problema reale e grave rispetto all'immigrazione, causata dalla sua collocazione geografica e dalla vastita delle sue coste, che per la sorveglianza sono un colabrodo, ed è evidente, oltre ad aspetti umanitari, o semplicememente umani (perché non arrivano solo i rifugiati politici, o i fuggitivi dalla guerrra, ma è vero che la Albania ci ha mandato i loro mafiosi, e la maggior parte degli zingari rubano per campare, e poi ti deridono pure), che si tratta di un problema che l'Italia non può pensare di risolvere da sola e del quale si dovrebbe far carico l'intera comunità europea...
Non entro nel merito... per il momento, mi limito solo a dire: "Son tornato!".
RispondiEliminaBuona domenica, Danie'!
Bello il racconto-verità-pensiero di molte persone che conosco, un vero copia incolla di luoghi comuni che la gente, il popolino, segue come una nuova bibbia.
RispondiEliminaAnche io comunque abito nel paesino, e non è un brutto vivere alla fine.
..il "come prima" esiste..ma se non sappiamo valutare ciò che è una risorsa da ciò che è un problema non è sempre colpa di chi viene in qua.
RispondiEliminaA volte è difficile perchè le mentalità sono davvero diverse, e non è razzismo crederlo..al contrario.
Ma sapere rispettare l'altro e tendere la mano, se si può [ che non vuole affatto dire, fare l'elemosina ad ogni "zingaro" che incontri] è un segno di onestà verso chi da mangiare o da lavorare non ce l'ha davvero.
Ovvio, generosi sì coglioni no..ma nemmeno approfittatori.[ perchè i lavoratori in nero hanno dei padroni italiani che il più delle volte ci sguazzano ben bene.]
Detto questo, al di là del racconto mi piacerebbe sapere dov'è questa tua città!^_^
Buona domenica!
è comunque bello che tutti ci tengano ad essere politicamente corretti, e assolutamente non realistici, nè pragmatici. Che non è una parolaccia, vuol solo dire che per risolvere un problema, bisogna prima di tutto accettare che esso esiste, con tutti i sui lati e sfaccettature,per carità, belle e meno belle, e poi si devono fare cose concrete, non proclami ideologici, per risolverli. Che non consistono certo nel togliere le panchine o stronzate del genere, assolutamente d'accordo!
RispondiEliminaLa realtà, e la politica, però sono così, e ignorare che le differenze culturali, oltre che ricchezza, possono essere anche un problema (e se lo dico è perché mi è capitato di parlarne più volte, soprattutto con islamici) vuol dire solo parlare per fare la figura del bravo bambino, quello che una volta sarebbe stato il radical-chic, ma sostanzialmente non dire nulla di utile, o reale.
Ma d'altra parte, chi le dice più in Italia, le cose sgradevoli, che però vanno dette? subito perdi voti....meglio fare i gran proclami ideologici!
Poi voglio vedere quanti vanno a far volontariato, o quando hanno di fianco sul tram un extracomunitario o uno zingaro che puzza da far venire i conati di vomito, non si sposta più in là! io l'ho visto fare con disgusto persino a un altro extracomunitario: più politicamente corretto di così!
e non è questione di essere coglioni, o sfruttatori, o generosi: è questione che io in casa mia, più di un tanto di persone non ho materialmnete lo spazio per ospitarle e nutrirle e offrire loro un lavoro dignitoso. Quindi, questo problema, che è un problema umanitario, di accoglienza, è impensabile che sia lasciato alle sole risorse dell'Italia, perché ha la sfiga che la maggioranza degli immigrati arrivano da lei. Ripeto. è un problema che interessa l'UE, e l'Italia assieme all'Ue deve affrontare. Se voglamo fare discorsi seri...se invece vogliamo fare le dame di san vincenzo, oh sì, poverini, come sono cattivi i legaioli, c'è gente che regiona proprio così, con questa gentaglia che ha invaso le nostre città, e sporca etc etc.
RispondiEliminaPotremmo anche rinfrescare Sapesse contesa di Bertoli: qualche correzione di testo, et voilà, un inno bell'e pronto!
:(
ciao danie'
RispondiEliminaF.N.
OT: basta che ti giri, Daniele, e combini guai... ;-) Non te ne eri accorto?
RispondiEliminadio bono, credevo fosse tutto vero e stavo per toglierti dai link.
RispondiEliminacavolo, Danie', ma vai a quel paese! :)
Il pensiero che fosse il tuo vero punto di vista non mi ha sfiorato neppure per un secondo. Hai saputo dar voce molto bene ai pensieri di certe persone. Sono fastidiosi, magari, ma devono essere considerati per trovare le risposte adeguate.
RispondiEliminaLaparda for President!!! :-)
RispondiEliminaVabè, volevo solo dire che condivido i ragionamenti della Flora.
Bel post, fratè.... ma con cosa hai cenato a Capodanno??Baci