Divini eccessi
Io, Andrea Rivera non sapevo proprio chi fosse. Di certo ci vuol molto poco a diventare celebri: basta sparare quattro cazzate in croce (si passi...) sulla Chiesa per trovarsi, quasi di colpo, più famosi di un calciatore. L'inopportunità delle frasi dette al “Concertone” da questo signore, è palese: tanto più che se si doveva dire qualcosa, per forza, forse era il caso di farlo per gli oltre mille morti sul lavoro che ogni anno questa Nazione subisce, come un'onta. Il Vaticano, per certo, può discutere di ciò che vuole: mi basterebbe, comunque, che questo suo diritto non si trasformasse in “dovere”. Avere sempre un'opinione è cosa di tutti gli alfabetizzati che, come dice Javier Marais, “...scrivono un romanzo”. Perciò, non credo vi sia un obbligo, da parte dei sommi vertici ecclesiastici, di dare un'impronta ad qualsiasi argomento. Così come utilizzare un palco e sopratutto una vasta platea televisiva, non autorizza a ciarlare senza costrutto. In mezzo a questi due estremi, non per forza contrapposti, vi sta l'uso dei termini, a posteriori. Credo che nell'usare la parola “terrorismo” il Vaticano abbia peccato di eccessiva vanità, ammantando un episodio riprorevole, ma che va limitato alla sfera dell'idea personale di un piccolo, piccolissimo, personaggio pubblico, di un'aura francamente pesante. Si sa che si tende a dimenticare ciò che fa paura, ed il terrorismo, ora e nel passato, è cosa di cui parlare con somma attenzione. Ecco che allora anche Noi dobbiamo perdonare, ben sapendo che errare è umano, ma eccedere può divenir perfin Divino.
(Courtesy by Miru)
Io, Andrea Rivera non sapevo proprio chi fosse. Di certo ci vuol molto poco a diventare celebri: basta sparare quattro cazzate in croce (si passi...) sulla Chiesa per trovarsi, quasi di colpo, più famosi di un calciatore. L'inopportunità delle frasi dette al “Concertone” da questo signore, è palese: tanto più che se si doveva dire qualcosa, per forza, forse era il caso di farlo per gli oltre mille morti sul lavoro che ogni anno questa Nazione subisce, come un'onta. Il Vaticano, per certo, può discutere di ciò che vuole: mi basterebbe, comunque, che questo suo diritto non si trasformasse in “dovere”. Avere sempre un'opinione è cosa di tutti gli alfabetizzati che, come dice Javier Marais, “...scrivono un romanzo”. Perciò, non credo vi sia un obbligo, da parte dei sommi vertici ecclesiastici, di dare un'impronta ad qualsiasi argomento. Così come utilizzare un palco e sopratutto una vasta platea televisiva, non autorizza a ciarlare senza costrutto. In mezzo a questi due estremi, non per forza contrapposti, vi sta l'uso dei termini, a posteriori. Credo che nell'usare la parola “terrorismo” il Vaticano abbia peccato di eccessiva vanità, ammantando un episodio riprorevole, ma che va limitato alla sfera dell'idea personale di un piccolo, piccolissimo, personaggio pubblico, di un'aura francamente pesante. Si sa che si tende a dimenticare ciò che fa paura, ed il terrorismo, ora e nel passato, è cosa di cui parlare con somma attenzione. Ecco che allora anche Noi dobbiamo perdonare, ben sapendo che errare è umano, ma eccedere può divenir perfin Divino.
Anche a me quel palco sembra occasione per parlare dei problemi di lavoro. Bravo.
RispondiEliminaAndrea
Condivido la tua osservazione. Tuttavia, mi permetto di dissentire perché fino a prova con traria in questo Paese ci deve essere libertà di parola e non sta a noi scegliere per altri quel che sia opportuno dire. In quanto al concetto di perdono, direi che la chiesa ha dimostrato in questo senso di utilizzare vangelo e cristo a proprio uso e consumo. Questa "reggenza" io la trovo ignorante e vergognosa, a livello di farisei e scribi al tempo di Gesù.
RispondiEliminaSe avessero sentito le mie battute sulla Chiesa mi avrebbero già crocifisso. Che esagerazione, dobbiamo privarci pure della libertà di scherzare su noi stessi? Perchè la Chiesa in Italia è rappresentazione delle contraddizioni degli stessi italiani!
RispondiEliminaRispondo ad entrambe qui (poi anche da Voi).
RispondiEliminaIo ritengo sia stato sbagliato il luogo e l'occasione. Il merito delle cose dette, meno. Ovvero, ci sarebbe stato un'opportunità migliore di dirle. Il problema del lavoro andava evidenziato, discusso e portato all'attenzione, quel giorno. Se Rivera ce l'ha, giustamente, con la Chiesa, avrebbe potuto farlo sapere in altro luogo. Non mi stupisce che vi dia fastidio che il concetto di "perdono" non sia applicato, se non nelle situazioni di comodo, da parte del Vaticano: lo so da sempre. Perciò concordo con Voi su questo punto. Ribadisco che sono convinto che vi sia la più ampia libertà da parte di tutti nell'esprimere, anche con la satira, con la battuta, la propria idea: il vero problema è estirpare la sudditanza psicologica degli Italiani nei confronti del vero Re (mai abdicato) di questo Pease: il Papa. Perdoniamoli Noi, allora, perchè, evidentemente non sanno ciò che fanno.
Daniele
Io il concerto del 1 maggio non l'ho seguito se non a spezzoni, ma devo dire che personalmente mi ha dato più fastidio la levata di scudi sindacale da prime donne, quasi timorosi che qualcuno gli rubasse la scena, che non la frase di Rivera. Che fra l'altro, ne ha tratto solo giovamento: molto probabilmente, non sottolineata e amplificata dalla farisaica indignazione generale, sarebbe scivolata come tante altre che ho sentito, e che mi hanno dato onestamente più fastidio per la loro stucchevole banalità nello sforzo di aderire al tema, un po' come un compito in classe fatto svogliatamente, scotto da dover pagare per accedere a cotata platea. Fra l'altro, mi pare che ogni anno ci sia qualche esternazione che, per così dire, parte per la tangente, e non ha mai scatenato tante polemiche come questa. E allora, perché non censurare anche gli striscioni fuori tema che sovente appaiono fra il pubblico, che dovrebbe essere il vero protagonista della manifestazione, come si fece nella famosa "diretta " tagliata ad hoc, sotto il passato governo?
RispondiEliminaCredo anche che, a volte, si approfitti delle occasioni che si hanno: lo dici tu che nemmeno lo conoscevi, Andrea Riviera. La realtà temo è che in Italia, parrà impossibile, ma parlare pubblicamente della Chiesa continua da essere problematico; lui ha avuto un palco e lo ha usato per dire qualcosa che forse gli rodeva da un po', e magari non solo a lui, acuito da reiterate posizioni di attacco alla laicità dello Stato alle quali assistiamo da un pezzo e che tutti vorremmo cessassero, cosa che però mi pare di là da venire.
Oppure ha pensato più banalmente che fosse un modo per farsi notare - tutto è possibile, e in effetti, notato è stato notato. Anche se forse, non ci fosse stata la famosa pallottola di Genova, lo sarebbe stato di meno.
Ma non credo che abbia "ciarlato senza costrutto": ha detto una cosa vera, forse intempestivamente, ma forse anche no, perché la festa dei lavoratori (non del lavoro), IHMO, dovrebbe essere una occasione perché i lavoratori (e presumo Welby e altri che si trovano in condizioni simili alle sue, lo siano stati, così come le loro famiglie)diano voce al loro sentire, che al di là del tema imposto da alcuni alla giornata, potrebbe anche essere incazzato con una Chiesa che ritiene la richiesta di fermare un accanimento terapeutico fine a se stesso un peccato più grave che assumere in nero e sfruttare disperati disposti a tutto, pur di sopravvivere e di far ingrassare sempre più chi li assume.
In altra occasione ho ricordato che una volta, per la Chiesa, rifiutarsi di pagare la giusta mercede per il lavoratore, che credo si possa estendere al farlo lavorare nel rispetto delle leggi che lo tutelano, dal punto di vista contrattuale e della sicurezza, era peccato che gridava vendetta al cospetto di Dio. Ora mi pare che la Chiesa sia, ipocritamente, in tutt'altre faccende affaccendata.
Se un grido di protesta, pur se concitato, può servire a ricordarle, citando ad esempio Pinochet, che essa ha assistito indifferente e colpevole, all'assassinio di un suo figlio a pieno titolo, come Romero, che di certo accanto a chi lavora e soffre per quel pane quotidiano che Cristo ha insegnato essere legittimo chiedere, c'è stato sino in fondo, beh, io francamente non mi scandalizzo.
Quanto al perdono, ho sempre ritenuto fosse faccenda esclusivamente divina, non umana: all'uomo spetta la ricerca della giustizia, pur se imperfetta come è imperfetto l'essere umano, e già questo sarebbe tanto.
Capisco, cara N., che possa infastidire anche una certa mummificazione dei Sindacati: sai che ne faccio parte e non è facile. Non dico, ripeto, che certe cose non potessero essere detto, ma lì, per me, sono senza costrutto, appunto. Alla fine a cosa è servito? A farci ridire cose che sappiamo già: che in Italia la stragrande maggioranza della popolazione è indottrinata (altrochè Comunismo...) e prende per buone le cose che dice e stradice la Chiesa, che l'opposizione si maschera da paladina della bontà e della Cristianità, sguazzando, invece, nell'ipocrisia e nel falso. Niente di nuovo sotto il sole. Io sono per uno Stato totalmente laico, dato che, inoltre, quella Cattolica non è più Religione di Stato. Insisto nel dire che un dibattito, anche aspro, forte e sbilanciato (da una parte o dall'altra) ha tempi e modi. Alla fine di questa cagnara stiamo al punto di prima. E' pur vero che al concerto del I° Maggio ci sono striscioni e quant'altro "fuori tema" e che, forse, bisognerebbe pensare ad un tipo di manifestazione diverso, ma se il lavoro è centrale nella vita di tutti di quello bisogna parlare. Anche a costo di essere un pò banali e ripetitivi. Tutte le persone ragionevoli devono costruire un dissenso all'ingerenza Vaticana fatto di intelligente e profonda laicità: va bene anche la battuta e la dissacrazione, non credere.
RispondiEliminaDaniele
Forse, caro D. è la prospettiva che è diversa, tra noi: capisco il tuo punto di vista, e nello scrivere avevo ben presente il tuo impegno nel sindacato, ma per me quella è la festa dei lavoratori, cioè degli esseri umani che lavorano, e in quanto tali non esiste nulla che sia loro estraneo. Mentre il concetto di lavoro e di festa trovo siano intrinsecamente inconciliabili, e ritengo che nel senso nel quale lo intendi tu ci siano altri contesti, più qualificati e consoni e immagino anche pregnanti, dove parlarne.
RispondiEliminaLa reazione della Chiesa è certamente inconsulta, ma dato che come istituzione le sta mancando la terra sotto i piedi, comprensibile.
Circa l'opportunità dell'intervento, so solo che a me non ha dato fastidio, e mi pare neppure alla piazza, il che vorrà ben dire qualcosa su cui forse val la pena anche interrogarsi, non solo giudicare, e ritengo anche che dire sia pure le solite cose una volta di più sia meglio che non una volta di meno: e più si vede la bava alla bocca della CEI e dell'Osservatore Romano, come nella vignetta di Rearwindow, più i cristiani pensanti, e ce ne sono, ti assicuro, persino fra i preti, dubitano, perciò ben vengano le provocazioni!
ciao
quoto il tuo commento #4.
RispondiEliminaCiao!!!
Giacomo
la parola terrorismo mi pare un tantino fuori luogo. direi molto più fuori luogo dell'intervento di rivera. d'accordo con te che l'uso delle parole deve essere più accorto e discreto. meno d'accordo sul perdono per certi eccessi dell'osservatore.
RispondiEliminasaluti!
rassskoll
Concordo con le tue osservazioni. Ho letto della manifestazione dei Radicali a favore di Rivera. Ora, per quanto non sia favorevole a metter bavagli a nessuno, ritengo che sia stato uno sciocco, semplicemente perché c'erano ben altri argomenti da trattare, il 1° maggio (come hai giustamente sottolineato). Sicuramente la sottolineatura dell'Osservatore Romano non solo è stata inopportuna, ma controproducente per la Chiesa stessa. Eppure mi par di notare che questo nuovo papato, a differenza del precedente, tenda a mettere i puntini sulle "i" anche quando sarebbe più intelligente sorvolare.
RispondiEliminaQuanto all'osservazione di Bianca, ritengo che molti aspetti della Chiesa-Istituzione siano oggi lontani anni luce dai principi evangelici. Il problema per i "credenti" (passami questo termine) è molto difficile. Io mi sento sempre con un piede dentro e uno fuori...