La macchina


Adesso mi sembra d'aver buttato migliaia di ore, un pezzo di vita che comunque non sarebbe tornato. Eppure, davanti alla macchina, sbuffando, bestemmiando, sudando, quel tempo passava. Era il tempo del mio lavoro, quello che mi faceva paura: mica tanto in là, tre anni. Quando inizi qualcosa, quando ti avvicini alla nuova macchina, c'è sempre il timore: quei gesti, visti fare dagli altri, ti risultano incomprensibili. Poi, come accade sempre, subentra l'abitudine, la meccanicità: ripeti gli stessi gesti senza pensare, senza più timore. Il brutto della fabbrica. Il bello della fabbrica. Sì, perchè quella macchina, ormai, la conoscevo meglio di tutti. Nel gran casino di tutte le altre macchine, la mia la riconoscevo, ne sentivo vibrazioni e scricchiolii: se qualcosa non andava bastava andarci ad orecchio. In fondo, facendo sempre lo stesso, si ha tempo per pensare: ogni cosa è precisa, millimetrica, quella mano lì e fino a quel punto, poi cambio, giro, e via. Allora la testa può vagare: ai cavoli propri, alla parola buttata lì con il compagno, quello accanto, che ti dà il cambio per un caffè. Nella lista dei lavori, alla mattina presto, o alla sera già tardi, il mio nome era sempre affiancato alla sua sigla: quasi un atto dovuto, tutti sapevano che io e Lei ormai andavamo in coppia. Poi, qualche mese fa, le prime voci: tagliare, siamo in crisi, bisogna delocalizzare. Questa parola ha riempito la bocca di tutti e il cervello di pochi. Io pensavo sempre di scamparla: la macchina era tosta, di quelle che fanno le lavorazioni difficili. Non qui, non a me. Invece. Invece è capitato anche a Noi. Prima solo qualche ammiccamento, poi le certezze. Sono arrivati dei ragazzi, da lontano: niente Inglese, niente Italiano, solo i gesti, per insegnarli a capire la macchina. Io no. Se la sono sbrigata altri. A me non va di insegnarli la lingua della macchina: poi me la portano via, portano via il mio lavoro. Lo facciano altri. Io ho continuato da usarla: questi, la notte, non lavorano. E io sono ancora il più bravo. Oggi, però, di Lunedì, il mio Capo mi ha detto: “Sai, ha cessato di vivere alle 11 e 45”, con una brutta ironia, come se si parlasse di un malato di un'altra famiglia. L'hanno smontata , quasi per intero. A me è venuta una grande tristezza. Chissà che farò, da domani: chissà se quei ragazzotti sapranno sentirla, ascoltarla, se sapranno capire fino a dove devono arrivare i gesti, i movimenti. Chissà se il mio nuovo lavoro mi darà soddisfazione. Adesso, che la macchina è solo uno scheletro, mi chiedo che senso abbia averci sputato quasi il sangue, lì sopra. Forse è solo lavoro, forse è solo un modo per tirare avanti. Forse.

Commenti

  1. Mi hai quasi commosso ....

    Quanto scrivi bene!


    Lorenzo :)

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  2. ...tu e lei...quasi un senso di reciproca appartenenza...

    buona settimana Daniele, è sempre un piacere leggerti.

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  3. quando su quel pezzo di ferraglia trascorri almeno un terzo ella giornata, quando a volte sono le notti quelle che trascorri con lei, quando ne conosci i brontolii, i mugolii, le stranezze, diventa parte di te. Quando sono i tuoi anni che passano accanto al suo odore e al suo calore in realtà ti rendi conto che anche tu, come lei, sei sostituibile e mai indispensabile per niente e nessuno...

    Forse.

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  4. Beh, in verità, non proprio io & Lei. Diciamo che queste sono "suggestioni": sempre raccolte dalla realtà, però. La reltà del lavoro vero, non certo quello dei Parlamentari...

    Grazie a tutti.

    Daniele

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  5. difficile commentare un post così...

    :-(

    ti mando un abbraccio tramite la compagna "betulla bionda"...

    ;-)

    ciao, con affetto

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  6. OT: hai letto questa lettera? http://www.repubblica.it/2007/05/sezioni/cronaca/sfogo-lettore/sfogo-lettore/sfogo-lettore.html

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  7. buona giornata, sempre belli i tuoi post!!!

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  8. Nessun commento...dopo un post così emozionante non vorrei sembrare banale quindi mi limito a ringraziarti per aver espresso così bene i sentimenti e le "suggestioni" di molti di noi che hanno "vissuto" quella Macchina.


    Firmato

    un amico del Sovversivo :-)

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  9. Il commento 9 mi fa particolarmente piacere. Svelo un piccolo segreto (non me ne vorrai...): è scritto da un amico, ancor prima che collega.

    Grazie a te.

    Daniele

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