Monologo di un uomo confuso
Ripropongo questo scritto di Hans Magnus Enzensberger. Lo ritengo, ancora oggi, e con rammarico, molto efficace, vero, non retorico. Uso queste sue parole, molto migliori delle mie, per esprimere un senso di confusione che si è acuito, se possibile, ancora. I nostri ricordi si allontanano, ed ogni giorno sanguinano di nuovo. Non esistono anniversari, ma giorni da non dimenticare.
“Noi siamo gli uni e gli altri sono gli altri. Lo dico per mettere subito le cose in chiaro! Gli altri sono sempre lì e ci danno sempre sui nervi. Mai che ti lascino in pace! E fossero almeno diversi! Macchè: pretendono di essere migliori di noi. Gli altri sono arroganti, supponenti e intolleranti nei nostri confronti. E' difficile dire cosa pensino davvero. Talvolta abbiamo l'impressione che siano dei matti. Una cosa è certa: vogliono qualcosa da noi, non ci lasciano mai in pace. Ci scrutano con fare provocatorio come se fossimo scappati da uno zoo o fossimo degli extraterrestri. Il minimo che si possa dire è che noi li percepiamo come una minaccia. Se non sapremo difenderci, ci porteranno via tutto quello che abbiamo. Il loro vero desiderio sarebbe quello di eliminarci.
D'altro canto, un mondo senza gli altri ci appare ormai inconcepibile. Alcuni, addirittura, ritengono che noi abbiamo bisogno di loro. Tutta la nostra energia, noi la investiamo per gli altri, pensiamo a loro tutto il giorno e persino di notte. Anche se non li sopportiamo, dipendiamo da loro. Certo che saremmo contenti se scomparissero dal nostro orizzonte, andandosene via da qualche parte. Ma poi, che cosa faremmo? Ci sono due possibilità: o ci ritroveremmo altra gente che ci dà fastidio e allora tutto ricomincerebbe da principio -dovremmo studiare questi nuovi altri e difenderci da loro- oppure -peggio ancora- cominceremmo a litigare tra di noi e allora alcuni di noi diventerebbero gli altri e la nostra identità collettiva finirebbe per non esistere più.
Talvolta mi chiedo se noi siamo davvero gli uni. Perchè è ovvio che siamo al contempo gli altri degli altri. Anche loro hanno bisogno di qualcuno su cui esercitare la propria insofferenza e quelli siamo certamente noi. Non siamo solo noi che dipendiamo da loro: anche loro dipendono in eguale misura da noi e pure loro si rallegrerebbero se noi scomparissimo dal loro orizzonte, andandocene via da qualche parte. Ma poi, probabilmente, finirebbero per rimpiangerci. Non appena ce ne fossimo andati, scatenerebbero delle sanguinose lotte intestine, proprio come faremmo noi se andassero via gli altri.
Non sono cose che si possono dire ad alta voce qui da noi: è solo un mio pensiero segreto che è meglio che tenga per me. Altrimenti, infatti, tutti direbbero: adesso sappiamo come sta la faccenda, caro mio! In fondo tu non sei uno di noi, non lo sei mai stato, ci hai ingannato! Tu sei uno degli altri! E allora, non avrei più nessun motivo per ridere. Mi tirerebbero il collo, questo è certo. E' meglio che non ci pensi troppo: non fa bene alla salute.
Forse quelli della mia parte hanno persino ragione. Talvolta non so neppure io se sono uno degli uni o uno degli altri. E' questo il grave. Più ci penso e più mi è difficile distinguere tra gli uni e gli altri. A guardar bene, ciascuno degli uni assomiglia terribilmente agli altri, e viceversa. Talvolta non so più neppure io se sono uno degli uni, oppure un altro.
Vorrei essere me stesso, ma questo
ovviamente
è impossibile".
(Traduzione di Paola Quadrelli)
Tim Head, "Industrial Hole 2", 1997, Tate Modern, London.
Ripropongo questo scritto di Hans Magnus Enzensberger. Lo ritengo, ancora oggi, e con rammarico, molto efficace, vero, non retorico. Uso queste sue parole, molto migliori delle mie, per esprimere un senso di confusione che si è acuito, se possibile, ancora. I nostri ricordi si allontanano, ed ogni giorno sanguinano di nuovo. Non esistono anniversari, ma giorni da non dimenticare.
“Noi siamo gli uni e gli altri sono gli altri. Lo dico per mettere subito le cose in chiaro! Gli altri sono sempre lì e ci danno sempre sui nervi. Mai che ti lascino in pace! E fossero almeno diversi! Macchè: pretendono di essere migliori di noi. Gli altri sono arroganti, supponenti e intolleranti nei nostri confronti. E' difficile dire cosa pensino davvero. Talvolta abbiamo l'impressione che siano dei matti. Una cosa è certa: vogliono qualcosa da noi, non ci lasciano mai in pace. Ci scrutano con fare provocatorio come se fossimo scappati da uno zoo o fossimo degli extraterrestri. Il minimo che si possa dire è che noi li percepiamo come una minaccia. Se non sapremo difenderci, ci porteranno via tutto quello che abbiamo. Il loro vero desiderio sarebbe quello di eliminarci.
D'altro canto, un mondo senza gli altri ci appare ormai inconcepibile. Alcuni, addirittura, ritengono che noi abbiamo bisogno di loro. Tutta la nostra energia, noi la investiamo per gli altri, pensiamo a loro tutto il giorno e persino di notte. Anche se non li sopportiamo, dipendiamo da loro. Certo che saremmo contenti se scomparissero dal nostro orizzonte, andandosene via da qualche parte. Ma poi, che cosa faremmo? Ci sono due possibilità: o ci ritroveremmo altra gente che ci dà fastidio e allora tutto ricomincerebbe da principio -dovremmo studiare questi nuovi altri e difenderci da loro- oppure -peggio ancora- cominceremmo a litigare tra di noi e allora alcuni di noi diventerebbero gli altri e la nostra identità collettiva finirebbe per non esistere più.
Talvolta mi chiedo se noi siamo davvero gli uni. Perchè è ovvio che siamo al contempo gli altri degli altri. Anche loro hanno bisogno di qualcuno su cui esercitare la propria insofferenza e quelli siamo certamente noi. Non siamo solo noi che dipendiamo da loro: anche loro dipendono in eguale misura da noi e pure loro si rallegrerebbero se noi scomparissimo dal loro orizzonte, andandocene via da qualche parte. Ma poi, probabilmente, finirebbero per rimpiangerci. Non appena ce ne fossimo andati, scatenerebbero delle sanguinose lotte intestine, proprio come faremmo noi se andassero via gli altri.
Non sono cose che si possono dire ad alta voce qui da noi: è solo un mio pensiero segreto che è meglio che tenga per me. Altrimenti, infatti, tutti direbbero: adesso sappiamo come sta la faccenda, caro mio! In fondo tu non sei uno di noi, non lo sei mai stato, ci hai ingannato! Tu sei uno degli altri! E allora, non avrei più nessun motivo per ridere. Mi tirerebbero il collo, questo è certo. E' meglio che non ci pensi troppo: non fa bene alla salute.
Forse quelli della mia parte hanno persino ragione. Talvolta non so neppure io se sono uno degli uni o uno degli altri. E' questo il grave. Più ci penso e più mi è difficile distinguere tra gli uni e gli altri. A guardar bene, ciascuno degli uni assomiglia terribilmente agli altri, e viceversa. Talvolta non so più neppure io se sono uno degli uni, oppure un altro.
Vorrei essere me stesso, ma questo
ovviamente
è impossibile".
(Traduzione di Paola Quadrelli)
Tim Head, "Industrial Hole 2", 1997, Tate Modern, London.
ehehehe mi ritrovo parecchio in questa tua citazione. Buona domenica a te, intanto rileggo e posto.
RispondiEliminaNon sono civetta ma allodola, anche se faccio tardi mi sveglio presto, e' per ottimizzare il tempo, fare piu' cose! Gli altri sono una risorsa, pero' bisogna stare attenti alla posologia, scintillante domenica !
RispondiEliminaMonologo interessante...verrò a leggerlo con più calma e non appena sarà più sveglio.
RispondiEliminasaluti
Chiunque pronunci il monologo (aldilà di chi l'ha scritto), è chiaro che non ha mai letto hegel ;-)
RispondiEliminaho paura di essere "gli altri", ma non posso farci niente. Siamo gli altri degli uni, tutti. Buona domenica Daniele.
RispondiEliminaApprezzo Hans Magnus Enzensberger perchè non è retorico e sa guardare ai problemi come sono e sa leggerne la complessità. Penso che rapportarsi agli altri sia fatica, una grande fatica senza la quale però non potremmo neanche essere individui... Ci formiamo fin da piccoli nella relazione con l'altro e non mi vengano a dire che le relazioni famigliari sono facili. Questa sì che è retorica. E' un allenamento continuo e quando si rinuncia, è solo perchè ci siamo adattati al pensiero di qualcun "altro", ma semplicemente non ne abbiamo più coscienza. Smettere di pensare, di dialogare è più comodo, ma chi siamo poi? che cosa diventiamo? E con questi pensieri confusi, ti auguro buona domenica. Giulia
RispondiEliminaSan Martino
RispondiEliminaG.Carducci
La nebbia a gl'irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor de i vini
l'anime a rallegrar.
Gira su' ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
sull'uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d'uccelli neri,
com'esuli pensieri,
nel vespero migrar.
---
L'autunno, tutto profuma, tutto intorno brilla, la natura ci regala ancora immagini variopinte, apriamo gli occhi e ammiriamo questo giorno. Rileggendo il regalo che il grande poeta Giosuè Carducci ci ha lasciato. Franca Bassi
Ciao Daniele, oggi ho ricopiato e incollato un caro saluto Franca
bello
RispondiEliminadavvero intelligente
quasi quasi me lo stampo e lo faccio leggere in giro
ciao caro buona domenica
luca
Hai ragione.
RispondiEliminaIn alcune lingue, compreso il siciliano, per esprimere "noi" si dice "noialtri".
Mi sembra che questo valga più di molti trattati di filosofia.
Interessante Enzensberger, non lo conoscevo.
bel monologo ma la butto in leggerezza e ti dico che mi sono divertito a leggere il post sotto e a vedere il cartone del topo con la famigliola ieri.. :)
RispondiElimina... beh a me un mondo senza gli altri non mi pare inconcepiblie, ma anzi auspicabile!
RispondiEliminaUn caro saluto
Lady RoseNoire
caro macca, gli uni contro gli altri, sono anche le ragioni delle guerre che, prima del pacifismo dilagante, erano considerate un fenomeno "naturale", così come nel regno animale, tra gli insetti e persino nel regno vegetale (pensa alle piante carnivore)...comunque, stai tranquillo, recentemente, gli scienziati hanno accertato che la bomba atomica non provoca il cancro...
RispondiEliminagrazie daniele
RispondiEliminaanche a te
me lo sono riletto un paio di volte. la conclusione a mio avviso é che il dire noialtri in dialetto siculo (commento 9) sia la risposta più consona al tutto.
RispondiEliminasull'impossibilità di essere se stessi ho però qualche riserva.
ciao Daniele, buona serata, post arguto.
arriva proprio a pallino questo post, capisco fortemente la sensazione, adesso non mi pongo la domanda a quale "categoria" io appartenga ma solo dove e chi sono io realmente...ti capita mai di guardarti allo specchio e non riconoscerti?
RispondiEliminanon trovo differenza nè tra uni e altri nè tra unni e arti, almeno sono definiti in un certo modo...ma io?
marianchela
www.petali.splinder.com
Molto interessante.
RispondiElimina"Lo ritengo, ancora oggi, e con rammarico, molto efficace, vero, non retorico."
Io non conooscevo Enzensberger, ti ringrazio per avermelo fatto leggere in questo brano così denso.
Buona serata.
Cri
Diversi anni fa, in un articolo dal taglio infinitamente più leggero del sagace monologo di H.M.Enzesbergen, ho letto questa modifica "illuminante" del verbo essere:
RispondiElimina"IO SONO, tu sei poco, egli non c'è"
Buona settimana
ovviamente impeccabile come sempre...bellissmo postato..lucidissima riflessione al di là degli specchi sociali sui quali si regge la comunicazione, il metter fuori da sè, il sentire l'altro come minaccia/risorsa e come altro polo della domanda, come altro 'palo' della luce possibile...un gioco di specchi dove tutto si confonde e le differenze possono essere pronunciate oppure controverse...parole d'esistenza...
RispondiEliminapensieri ancorati al viversi umani
un caro saluto
tra notte e giorno nei primi 20 minuti di un lunedì
chissà come sarà
quel che sta per essere un nuovo giorno?
Linch
Un buongiorno da un uomo altrettanto confuso, che farà memoria delle riflessioni del tuo post.
RispondiEliminaCiao Salvatore
:-)
RispondiEliminaEnzensberger è un maestro della causticità. Infatti noi siamo sia gli uni e sia gli altri perciò essere se stessi è "ovviamente
RispondiEliminaè impossibile" e chi dice di essere sempre se stesso, ignorando gli uni e gli altri è semplicemente un imbecille.