Dead Man Working
Meno di un mese fa, in Piazza, a Monfalcone, culla della cantieristica Italiana, serpeggiava nascosta la rabbia per l'ulteriore dimostrazione di come qualsiasi cosa, perfino la Morte, non conti più nulla per nessuno. Un operaio, il secondo, nel giro di due giorni, era morto, di notte: la “sua” Azienda non aveva chiuso, neanche un'ora. I suoi colleghi, tranne poche eccezioni, non avevano sospeso il lavoro, non erano a manifestare, seppur per altri motivi, con la loro categoria.
Difficile non essere retorici di fronte a fatti come quelli di Torino, come quelli che, nella stessa giornata, hanno ucciso altre due persone sul lavoro. Eppure l'Italia è un paese che si può anche definire illuminato: siamo tra i primi, in Europa, metro di paragone, a licenziare leggi e norme all'avanguardia sul diritto alla sicurezza del lavoro, sul diritto alla salvaguardia dell'incolumità fisica e morale. E' paradossale che 1300€ al mese costino la vita. Però, neanche chi fatica con te si ferma. C'è qualcosa di malato, di strisciante e ributtante, oltre allo sciacallaggio delle buone intenzioni politiche e delle idiozie dei tanti che pontificano con una mano sporca di sangue e l'altra intenta a contare soldi, quelli “veri”, quelli che possono. Come si fa a non essere banali, allora? Servirebbe un moto vero, non uno sciopero, non un comizio. Servirebbe l'orgoglio di dire “no”. Ma chi può permettersi di dire no, se non quelli che hanno già detto sì allo spegnimento della coscienza in nome di un proprio benessere spropositato? Un colpevole certo è la coscienza, ottenebrata, dei lavoratori che si barricano dietro a necessità incontrovertibili, e che superano in importanza, evidentemente, la Civiltà. La luce è spenta. Restano fiamme e nessuno sembra averne paura.
Brutta cosa.
Christopher R. W. Nevinson, "Making the Engine", 1917, Tate Modern, London.
Meno di un mese fa, in Piazza, a Monfalcone, culla della cantieristica Italiana, serpeggiava nascosta la rabbia per l'ulteriore dimostrazione di come qualsiasi cosa, perfino la Morte, non conti più nulla per nessuno. Un operaio, il secondo, nel giro di due giorni, era morto, di notte: la “sua” Azienda non aveva chiuso, neanche un'ora. I suoi colleghi, tranne poche eccezioni, non avevano sospeso il lavoro, non erano a manifestare, seppur per altri motivi, con la loro categoria.
Difficile non essere retorici di fronte a fatti come quelli di Torino, come quelli che, nella stessa giornata, hanno ucciso altre due persone sul lavoro. Eppure l'Italia è un paese che si può anche definire illuminato: siamo tra i primi, in Europa, metro di paragone, a licenziare leggi e norme all'avanguardia sul diritto alla sicurezza del lavoro, sul diritto alla salvaguardia dell'incolumità fisica e morale. E' paradossale che 1300€ al mese costino la vita. Però, neanche chi fatica con te si ferma. C'è qualcosa di malato, di strisciante e ributtante, oltre allo sciacallaggio delle buone intenzioni politiche e delle idiozie dei tanti che pontificano con una mano sporca di sangue e l'altra intenta a contare soldi, quelli “veri”, quelli che possono. Come si fa a non essere banali, allora? Servirebbe un moto vero, non uno sciopero, non un comizio. Servirebbe l'orgoglio di dire “no”. Ma chi può permettersi di dire no, se non quelli che hanno già detto sì allo spegnimento della coscienza in nome di un proprio benessere spropositato? Un colpevole certo è la coscienza, ottenebrata, dei lavoratori che si barricano dietro a necessità incontrovertibili, e che superano in importanza, evidentemente, la Civiltà. La luce è spenta. Restano fiamme e nessuno sembra averne paura.
Brutta cosa.
Christopher R. W. Nevinson, "Making the Engine", 1917, Tate Modern, London.
Post che colpisce dritto al cuore.
RispondiEliminagli imprenditori in italia vedono la sicurezza come un costo, come le tasse. è veramente schifoso.
RispondiEliminacosa servono le leggi all'avanguardia se non ci sono i controlli e le sanzioni severe?
supra
e intanto i morti son diventati quattro.
RispondiEliminaSu blogfriends, ho fatto lo stesso commento. Le parole sono sempre le stesse, ma i morti ogni volta cambiano i nomi,e vanno ad unirsi a quella lista infinita di poveri esseri, che per un pezzo di pane, hanno datola loro vita.
RispondiEliminanon bisognerebe mai
RispondiEliminaabituarsi alla morte.
Ciao caro Daniele
buon Week end....
Capuche
Ci staimo abituando a tutto... No, moltissimi si stanno abituando a tutto, io, tu e altri non ce ne faccimamo una ragione... Non sono mai stata pessimista, ma adesso temo proprio che stiamo scendendo un china pericolosa... Un caro saluto e avvero ben tornato, Giulia
RispondiEliminaCose giuste my friend! Ma il problema secondo me è quello dei Valori. Non intendo quelli alla mulino bianco o da Chiesa, i valori che nascono dal ragionamento e dal pensiero. Questa è la cultura della superficialità e della mediocrità. Questo davvero mi preoccupa, ma resisto!
RispondiEliminaMuoiono vite da poco, chè non tutte hanno identico valore. tanti anni fa, persi un cognatino di 20 anni dentro un gasdotto della Saipem. Ci fu un risarcimento di 150 milioni, una madre a letto fino alla morte, un padre disperato e mio cognato, talmente addolorato, da snaturarsi. Lo porto nel cuore, ed i suoi 5 compagni di squadra morirono con lui. Un dolore che conosco e lacrime che nascondevo, ovunque . Le preghiere di mia madre e adesso una morte che vede il lordume di quelle mani , mi ferisce ancora.
RispondiEliminaUn post molto duro, Daniele. Una denuncia che ci fa pensare alla fine, a quell'arrabbatarsi nell'indifferenza. Al bisogno di non poter manifestare rabbia. Ognuno in quel guscio di miseria morale ed economica. Ti abbraccio.
danis
Servirebbe l'orgoglio di dire “no”. Ma chi può permettersi di dire no, se non quelli che hanno già detto sì allo spegnimento della coscienza in nome di un proprio benessere spropositato?
RispondiEliminaNon si può aggiungere altro.
Bel post, complimenti. Ha colpito anche a me.
RispondiEliminaAllora sei tornato? non lo sapevo.
saluti...
è la logica tutta italiana, comunque latina, del legiferare a piè sospinto. del pensare che non conti la parte concreta, reale, empirica delle cose (tra cui l'applicazione della legge stessa). questa moltitudine di leggi oltretutto deresponsabilizza chiunque, qualsiasi norma prevede qualcosa, qualsiasi evento e la responsabilità della persona, in questo caso il dirigente (ma anche l'operaio stesso), va a quel paese.
RispondiEliminaLdS
come darti torto, e come dar torto a LdS. Ma anche morire a 16 anni per due tonsille in un pubblico ospedale...
RispondiEliminaBRUTTISSIMA cosa, Daniele.
RispondiEliminasulla questione delle buone intenzioni avrei pagine di un libro da citarti ma sinceramente non ce la faccio ad alzarmi per andarle a recuperare, spero basti il gesto, riluttanza e schifo medesimo nel vedere "molta gente come me dentro una gabbia" fatta ormai di abitudine...potrei orpellare per ore in merito alla questione e per questo non avrei nemmeno bisogno di alzarmi per recuperare le parole ma sei stato alquanto chiaro tu, mi limito ad annuire e riflettere...
RispondiEliminaA-S-S-O-L-U-T-A-M-E-N-T-E d'accordo.
RispondiEliminaAlessandro
Già come hai ragione..oramai la classe operaia non va piu neanche in paradiso...
RispondiEliminaio copio e incollo.
RispondiEliminasu un altro mio blog.
grazie
non credo sia un articolo retorico.
b.
a presto