Chi rema sulla barca?
Sono giorni difficili, per i metalmeccanici (stessa identica cosa che dicevo due anni fa), e per il Sindacato. Il Post di Sabato ha portato alcuni di Voi ad esprimere posizioni ed opinioni a cui mi permetto di rispondere, cumulativamente, oggi, visto che, inoltre, la trattativa sul contratto delle "tute blu" riprende in queste ore, dopo una rottura consumatasi tra Sabato e Domenica. Mi pare che prevalga, dagli scritti, una disillusione diffusa, mitigata, in alcuni casi, da una memoria storica che colloca, giustamente, l'organizzazione sindacale nel contestoquelle conquiste sociali che ancora oggi risultano determinanti per i lavoratori, tutti i lavoratori. Rimane da definire il ruolo attuale di coloro che portano avanti giuste rivendicazioni (ricordo che il contratto non viene fatto solo per gli operai, ma anche per gli impiegati) di aumento salariale e di definizione di incentivi, straordinari e permessi retribuiti, nonchè dell'importantissima piattaforma riguardante il lavoro precario. Forse qui è il nodo da sciogliere. Moltissimi non si sentono rappresentati da pesone che sono perlopiù viste come "Politici del Lavoro", ma non dei lavoratori. Si deve tener conto di sottili distinzioni, personali e di appartenenza, ma, perlopiù, si va avanti a colpi di proclami, disattesi nella pratica, irricevibili da persone che chiedono una visione più vicina alle reali problematiche dell'occupazione (le ormai famose "mani sporche"). Emerge, anche, una contrapposizione ancora piuttosto accentuata, nei modi, nei toni, tra imprenditori e lavoratori, con l'impressione decisa che molti anni di confronto siano fermi al "padrone" contro i "comunisti". Lasciando da parte le considerazioni in merito, per esempio, al documento della "Thyssen-Krupp" che sarebbe stato redatto nei giorni seguenti all'ignobile strage di Torino, è lampante che è più facile un muro contro muro ideologico che un confronto realmente costruttivo, anche per coloro che non rientrano nell'ambito della metalmeccanica. E' tutto il sistema Italia che attende un Sindacato meno burocratico e più incisivo, ma che non faccia distinzioni, che non sembri l'isola d'approdo solo per pochi, invece che per tutti: che aspetta Imprenditori che non reggano solo su vane promesse e richieste pretenziose il loro guadagno, ma che inizino ad innovare l'obsoleta, cadente macchina produttiva Italiana e che finiscano di scaricare solo su chi lavora negli stabilimenti il proprio atavico immoblismo mentale ed economico. Perciò, come si evince, siamo lontani, per tutti, dal raggiungere una quieta soddisfazione, che doni tranquillità e possibilità di sviluppo. Con un paragone improprio si potrebbero citare le parole di Kennedy che affermava "Non chiedetevi cosa può fare l'America per Voi, ma chiedetevi cosa potete fare Voi per l'America". Virandole, in maniera più banale, alla nostra situazione, chiediamoci veramente cosa ognuno può fare per uscire da una situazione che non vedrà nessun vincitore, ma solo l'ennesima, triste sconfitta della civiltà del lavoro e della dignità (uso molto questo termine, lo so) delle persone, tutte le persone.
Tina Modotti, "Worker's Hands", 1927, Museum Of Modern Art (MOMA), New York.
Sono giorni difficili, per i metalmeccanici (stessa identica cosa che dicevo due anni fa), e per il Sindacato. Il Post di Sabato ha portato alcuni di Voi ad esprimere posizioni ed opinioni a cui mi permetto di rispondere, cumulativamente, oggi, visto che, inoltre, la trattativa sul contratto delle "tute blu" riprende in queste ore, dopo una rottura consumatasi tra Sabato e Domenica. Mi pare che prevalga, dagli scritti, una disillusione diffusa, mitigata, in alcuni casi, da una memoria storica che colloca, giustamente, l'organizzazione sindacale nel contestoquelle conquiste sociali che ancora oggi risultano determinanti per i lavoratori, tutti i lavoratori. Rimane da definire il ruolo attuale di coloro che portano avanti giuste rivendicazioni (ricordo che il contratto non viene fatto solo per gli operai, ma anche per gli impiegati) di aumento salariale e di definizione di incentivi, straordinari e permessi retribuiti, nonchè dell'importantissima piattaforma riguardante il lavoro precario. Forse qui è il nodo da sciogliere. Moltissimi non si sentono rappresentati da pesone che sono perlopiù viste come "Politici del Lavoro", ma non dei lavoratori. Si deve tener conto di sottili distinzioni, personali e di appartenenza, ma, perlopiù, si va avanti a colpi di proclami, disattesi nella pratica, irricevibili da persone che chiedono una visione più vicina alle reali problematiche dell'occupazione (le ormai famose "mani sporche"). Emerge, anche, una contrapposizione ancora piuttosto accentuata, nei modi, nei toni, tra imprenditori e lavoratori, con l'impressione decisa che molti anni di confronto siano fermi al "padrone" contro i "comunisti". Lasciando da parte le considerazioni in merito, per esempio, al documento della "Thyssen-Krupp" che sarebbe stato redatto nei giorni seguenti all'ignobile strage di Torino, è lampante che è più facile un muro contro muro ideologico che un confronto realmente costruttivo, anche per coloro che non rientrano nell'ambito della metalmeccanica. E' tutto il sistema Italia che attende un Sindacato meno burocratico e più incisivo, ma che non faccia distinzioni, che non sembri l'isola d'approdo solo per pochi, invece che per tutti: che aspetta Imprenditori che non reggano solo su vane promesse e richieste pretenziose il loro guadagno, ma che inizino ad innovare l'obsoleta, cadente macchina produttiva Italiana e che finiscano di scaricare solo su chi lavora negli stabilimenti il proprio atavico immoblismo mentale ed economico. Perciò, come si evince, siamo lontani, per tutti, dal raggiungere una quieta soddisfazione, che doni tranquillità e possibilità di sviluppo. Con un paragone improprio si potrebbero citare le parole di Kennedy che affermava "Non chiedetevi cosa può fare l'America per Voi, ma chiedetevi cosa potete fare Voi per l'America". Virandole, in maniera più banale, alla nostra situazione, chiediamoci veramente cosa ognuno può fare per uscire da una situazione che non vedrà nessun vincitore, ma solo l'ennesima, triste sconfitta della civiltà del lavoro e della dignità (uso molto questo termine, lo so) delle persone, tutte le persone.
Tina Modotti, "Worker's Hands", 1927, Museum Of Modern Art (MOMA), New York.
Mi piace molto che tu usi spesso questo termine: dignità delle persone.
RispondiEliminaCredo che sia da lì che si deve ripartire.
Ottimo scritto, mi chiarisce bene aspetti che non avevo compreso della questione, ora vedo collegamenti e fatti che mi erano oscuri.
Buona settimana, caro!
Cri
"E' tutto il sistema Italia che attende un Sindacato meno burocratico e più incisivo", parole che sottoscrivo in pieno. Ma è oggi come oggi importante porsi la domanda finale che hai fatta, cosa possiamo fare noi. Tutti noi ormai ci siamo in qualche modo piegati alla "delega"... Scoraggiatie delusi a volte "brontoliamo", manon ci muoviamo... Tutto ci sembra inutile e ormai ogni cosa inevitabile. Forse è vero, ma è atrettanto vero che, proprio quando è così, dobbiamo nel nostro piccolo attivarci di più. Io non sono nel mondo dei metalmeccanici, ma nella scuola ho visto cambiare molte cose una volta perchè ci si attivava dal basso. Oggi meno, ma qualcosa si muove là dove qualcuno si muove... Io ho l'impressione che viviamo in un paese che tutto sembra oggi uno "stagno"... Bene anche nello stagno però c'è vita, bisogna buttare i sassolini per vederla. Giulia
RispondiEliminadomanda: quale sindacato? il sindacato riospecchia ancora la volontà dei lavoratori?
RispondiEliminaE soprattutto (ne abbiamo già parlato, io e te), parliamo anche di coloro che come me NOn hanno un sindacato, ma sono delle specie di paria per molti, e di vittima ormai designata di qualunque legge istituzionale, cioè i lavoratori autonomi.
Il "mestiere" del sindacalista è, indubbiamente, difficile. Forse, perchè non è (non dovrebbe essere) un mestiere. Io, per quanto mi riguatrda, credo che il sindacato si sia ammalato della stessa maalttia della politica. Il "Carrierismo", inteso come sistema per lasciare, di fatto, il mondo del lavoro e diventare, un altra cosa. Vedi le grandi carriere che spesso i sindacalisti fanno, appunto, al di fuori del loro ambiente di lavoro, in cui non rientrano di fatto mai.
RispondiEliminaE questo ti dà la sgradevole sensazione di non avere un rappresentante, ma uno che "pensa per sè"... magari non è così, ma l'impressione ti resta. E 30 anni in questo modo, riescono a scardianre ogni tipo di legame e di idea di rappresentanza.
Un sorriso come vuoi
Mister X di Comicomix
cosa c'è di più alto
RispondiEliminadella dignità umana?
Ciao Daniele
un caro saluto
C.
dignità è un termine che presto uscirà dal dizionario, emica solo nel lavoro..
RispondiEliminaDici bene: questo Paese è immobile al "muro contro muro". Per qualunque cosa, dal pagare le bollette alla posta al decidere il futuro di chi lavora. Ed è un segnale di una tale immaturità, di una tale assenza di prospettive, che si fa sempre più fatica a mantenere un minimo di ottimismo.
RispondiEliminaHai ragione anche quando parli della dignità. E' una parola che si usa troppo di rado. Ma da una parte me ne rallegro: meglio semidimenticata che svuotata totalmente di significato come molte altre (libertà su tutte)...
un saluto!
Personalmente non ho mai creduto nei sindacati, li ho sempre considerati un'altra delle oligarchie italiane. Un tempo forse svolgevano davvero un'utilita' sociale, ma ora, li considero autoreferenziali quanto le classi politiche. Difendono gli interessi di pochi (lasciando le nuove generazioni in balia di un capitalismo da primi del '900) e li difendono anche male.
RispondiElimina(^o^)
amore ma tu non devi esser invidioso che io ti voglio bene.
RispondiEliminaps le poesie non vendono, lo faccio solo per la gloria
e lo so....
RispondiEliminacaffè da lontano
:)
Analisi attenta e condivisibile!Apprezzo anche l'immagine dell'illustre pordenonese!
RispondiEliminanon so se Kennedy sapesse cosa stava dicendo e lo volesse vivere, ma sarebbe il miglior punto di partenza. noi ci proviamo, no, Prof?
RispondiEliminaTrovo del tutto condivisibile la tua analisi. Purtroppo oggi la gente è distratta da mille futili cose e crede che le vertenze contrattuali siano una farsa, con sindacalisti e industriali intenti a bere il tè, fumare sigari cubani e farsi i complementi a vicenda.
RispondiEliminamai dire mai
RispondiEliminapotrei venire ad udine a trovarti. povero te
Mi piace scrivere sul mio blog (anche se mi accorgo che scrivo delle gran cazzate), ma quando sono in fabbrica mi accorgo che la peggior cosa che accomuna tutti, sia impiegati che operai, e l'individualismo, il "pensare al proprio culo".
RispondiEliminaSaluti
Caro Daniele
RispondiEliminaconcordo totalmente con te, è difficile comunque , molto difficile, ma io non perdo mai la speranza!!!
chicca
Ops! scusa il lapsus dovuto alla fretta, volevo dire friulana...of course! Buona giornata, il cammino e' sempre in salita!
RispondiEliminamary17 Letture e sentimenti
vado a comprare le sigarette!
RispondiEliminaAUMENTATE... ma fumare fà MALE!!!!
ok,
penso che torno, xkè in fretta, nn posso lasciarti commentato nulla.. vorrei leggere prima!
notte e forse a dopo!
ciaooooo
b. come b.rutta b.estiaccia
b.