Specchi di parole



La grazia a Berlusconi è una di quelle cose buttate lì a fare caciara. Il modo tipico della nostra politica di fare il proprio mestiere. Queste cose, reiterate, lasciano tracce: non solo semantiche, con l'espropriazione di termini che andrebbero usati per altre situazioni (ben più importanti), ma anche in un immaginario collettivo che diviene ondivago, in balia di accelerazioni umorali e di poco ragionamento.

Il terreno è quello della semplificazione, che diviene appiattimento e finta identità. Tutto sommato non serve approfondimento, su certe questioni: basta fare il "ragionamento" della casalinga (altro luogo comune immarcescibile) per sentirsi adatti a creare la propria opinione. Alla fine è un gioco di specchi e di rimandi, illuminati catodicamente.

E' vero che un solo pensiero originale vale più di tutte le ideologie, che neppure reggono più. Eppure la difficoltà sta proprio nel rifiuto della complessità, nel non accettare lo sforzo di elaborare una linea di argomentazione che sia, almeno in parte, scevra dagli altrui elaborati sul tema. Si dirà che anche questa linea non può prescindere da quello che si legge o si dice, da ciò che gira intorno. La differenza resta nell'intenzione. Vogliamo scegliere o solo farci dire ciò che dobbiamo scegliere?

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