Dare to live


Lasciamo da parte gli attori. Lasciamo da parte l'inevitabile emozione di un film che parla di AIDS ai tempi in cui ancora non si avevano le possibilità attuali di combattere questa malattia degradante in tutti i sensi. E accantoniamo anche la fascinazione di una storia vera, come quasi tutte quelle che vanno fortissimo ad Hollywood (che si è accorta di questo film, costato quasi nulla, dopo 137 volte che era stato rifiutato).

Rimane tutto il resto. Ovvero la narrazione asciutta e a tratti disturbante, situazioni che fanno riflettere su come le persone possono combattere sapendo già di aver perso, su un desiderio di autodistruzione pari quasi a quello di sopravvivenza, ai confini che si varcano ogni giorno sapendo che potrebbe essere l'ultimo. Rimane l'umanità degli uomini e la loro paura, la loro costante paura di non sapere cosa fare, in fondo, di se stessi.

La pellicola di Jean-Marc Vallée è densa, umorale, realmente profonda. Lo si deve a chi la interpreta (se Jared Leto non vince l'Oscar siete autorizzati ad incazzarvi di brutto), perchè si vede che ha creduto nella scelta di partecipare a questo progetto e porta a compimento un percorso interiore che appare lucidissimo sullo schermo. Ogni singola scena ha un perchè ed anche i gesti (ad esempio quello del quadro da appendere) assumono valenze rilevanti.

Non è un film di piccoli spostamenti, ma di gigantesche trasformazioni individuali. Una sorta di guerra senza vincitori, uno sguardo ad un futuro inesistente raccontato con lucida partecipazione e senza scadere nel sentimentalismo spiccio. Opera solida e consigliata.
Sperando che il mainstream USA non se la divori.

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