Nel 2007 il drammaturgo Tracy Letts vince il "Pulitzer" con "August: Osage County" che diviene un grande successo teatrale. Perfetto testo per uno di quei film parlati che a me piacciono per la loro avulsa voglia di non essere sempre e solo pellicole che devono stupire ad ogni costo. Certo anche qui c'è il colpo di scena, anzi di teatro: ci sono le ambientazioni quasi estreme nella loro perfetta normalità e ci sono gli attori, quelli bravi.
Nessuno di questi, all'interno della vicenda di una famiglia non a pezzi, ma letteralmente distrutta, è meno che bravo. E' un altro esempio di film cucito addosso agli interpreti per esaltarne l'istrionica perfezione, per stillare (vista anche l'ambientazione estiva) ogni goccia di capacità espressiva, ogni tono di voce possibile. E' un male? Di per sè no, ma è anche un limite.
In una vicenda dove gli uomini (tranne uno, che, tutto sommato è secondario) sono meno perfidi delle loro disintegrate donne, ogni azione, anche la più piccola, ruota attorno a questi picchi di teatralità. Per carità, il fine giustifica i mezzi: la storia è di quelle che piacciono al pubblico un po' meno affine ai film di cassetta, a coloro che non disdegnano una punta di snobismo. Grandi afflizioni, redenzioni, pentimenti, strilli e dolcezza.
Una storia senza dubbio americana, che vive anche della sua natura di specchio di una certa società decaduta e decadente che si ama molto mettere in scena. E il gioco riesce: il film è senza dubbio coinvolgente, con dialoghi, ovviamente, perfetti, ma proprio per questo anche asettici. Mi chiedo sempre se, poi, si parlerebbe davvero così e se quello che vedo non sia solo allegoria.
La Streep e la Roberts si prendono un'altra nomination e se la meritano. Giocano le loro carte con la sicurezza di sapere che sono le migliori che hanno: non nascondono nè le rughe nè una certa dose di autoreferenzialità.
Lode al fatto che, per l'intera durata del film, non si vede neanche un PC o un cellulare.
Alleluja.
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