Lo stato emotivo della malinconia ha prodotto molte belle canzoni. Non dite di no. Non sempre una composizione riuscita è un brano allegro. Oppure, se vi va meglio, le cosiddette ballate colgono nel segno, perchè in alcuni momenti della vita di ognuno sembrano più adatte a quello che proviamo. Semplice. Ora, ci sono due dischi in circolazione la cui cifra stilistica (per stessa ammissione degli autori) è proprio questo sentimento. Con sostanziali differenze.
Mentre in "Everyday Robots" di Damon Albarn è un mood permeante e leggero, sfumatura per canzoni di uno spessore inusitato anche per uno che di bella roba l'ha fatta, in "Ghost Stories" dei Coldplay finisce per essere una bella noia, al di là del fatto che già si inizino a leggere paroloni come "magia" e "...toni meravigliosi" via per recensioni.
Ambedue i lavori sono molto personali, su questo non si discute. Per motivi diversi, sono dischi quasi introspettivi, ma, anche qui, con due approcci che più distanti non si potrebbe. Per Albarn è la fine di un viaggio musicale molto variegato (le sue esperienze in Africa, i "Gorillaz", la breve reunion dei "Blur"), per Chris Martin (questo è il suo primo disco solista, gli altri suonano e basta, sembra) la fine del matrimonio.
Personalità opposte, che sviluppano idee artistiche con punti di partenza che più diversi non si potrebbe. Paragone improponibile? Non proprio. Il disco dei Coldplay è noioso, piatto: le canzoni sembrano quasi sempre la stessa, con poche variazioni. E c'è ancora qualcuno che, nel 2014, pensa di darsi una spolverata di novità aggiungendo un po' di beats e le voci distorte. Ma basta. Basta.
Quello di Albarn ha lo stesso tiro, se vogliamo, ma con una convinzione maggiore e, credo, più cura e riflessione per l'ambito strettamente musicale. Certo, si può dire che anche lui percorre sentieri conosciuti, ma i suoi portano verso l'alto: quelli di Chris Martin portano più verso una piatta pianura.
Non mancheranno di certo coloro che troveranno del buono in "Ghost Stories", perchè certi nomi (gli U2, ad esempio) non si possono mettere in discussione: problemi loro. Pur continuando ad ascoltarli entrambi, l'unico risultato che ne viene fuori è una smaccata preferenza per "Everyday Robots".
L'altro, ahimè, lo dimenticherò presto.
(Non vale, al solito offendere, eh?).
Mentre in "Everyday Robots" di Damon Albarn è un mood permeante e leggero, sfumatura per canzoni di uno spessore inusitato anche per uno che di bella roba l'ha fatta, in "Ghost Stories" dei Coldplay finisce per essere una bella noia, al di là del fatto che già si inizino a leggere paroloni come "magia" e "...toni meravigliosi" via per recensioni.
Ambedue i lavori sono molto personali, su questo non si discute. Per motivi diversi, sono dischi quasi introspettivi, ma, anche qui, con due approcci che più distanti non si potrebbe. Per Albarn è la fine di un viaggio musicale molto variegato (le sue esperienze in Africa, i "Gorillaz", la breve reunion dei "Blur"), per Chris Martin (questo è il suo primo disco solista, gli altri suonano e basta, sembra) la fine del matrimonio.
Personalità opposte, che sviluppano idee artistiche con punti di partenza che più diversi non si potrebbe. Paragone improponibile? Non proprio. Il disco dei Coldplay è noioso, piatto: le canzoni sembrano quasi sempre la stessa, con poche variazioni. E c'è ancora qualcuno che, nel 2014, pensa di darsi una spolverata di novità aggiungendo un po' di beats e le voci distorte. Ma basta. Basta.
Quello di Albarn ha lo stesso tiro, se vogliamo, ma con una convinzione maggiore e, credo, più cura e riflessione per l'ambito strettamente musicale. Certo, si può dire che anche lui percorre sentieri conosciuti, ma i suoi portano verso l'alto: quelli di Chris Martin portano più verso una piatta pianura.
Non mancheranno di certo coloro che troveranno del buono in "Ghost Stories", perchè certi nomi (gli U2, ad esempio) non si possono mettere in discussione: problemi loro. Pur continuando ad ascoltarli entrambi, l'unico risultato che ne viene fuori è una smaccata preferenza per "Everyday Robots".
L'altro, ahimè, lo dimenticherò presto.
(Non vale, al solito offendere, eh?).
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