La notizia che i signori 'ndraghetisti del carcere di Larino disertano le funzioni religiose perchè un Papa li ha scomunicati ha un che di ridicolo in sé. Intendiamoci: Francesco è stato pure troppo buono, non è questo il problema. Semmai è una cosa al limite dell'assurdo che ci si sconvolga ancora dell'aperta ipocrisia di queste masse delinquenziali. Quanti film, quanti articoli, quanti libri hanno sempre riportato fedelmente l'attaccamento morboso e retrogrado delle famiglie criminali alla Religione Cattolica. Se una statua s'inchina davanti alla casa del "boss", c'è qualcosa di strano?
Piuttosto è sempre tardiva la distanza che si vuole frapporre tra la religiosità ed il suo contrario, tra la fede e la morte indotta, comprata, ordinata. Se, come si sono affrettati a dire molti esponenti anche della Giustizia, il credere in Dio è un fatto personale, altrettanto dovrebbero fare nel sottolineare come questo "modus vivendi" offenda l'idea stessa del Cattolicesimo, che, almeno a parole, insegna a condurre una vita giusta e buona. Roba semplice, oserei dire da oratorio. Lapalissiano.
Eppure non è proprio così, perchè il cancro della connivenza tra queste professioni è ormai talmente vasto che è propriamente inutile cercare di curarlo. Certo, una frase del Papa dovrebbe mettere a tacere qualsiasi eccezione, ma come si fa a cambiare gentaglia che nella sua "vita" ha sempre rispettato codici in cui la vita degli altri vale, spesso, poco o nulla? La 'ndragheta, la mafia, tutte queste derivazioni patologicamente inserite nei tessuti connettivi dello Stato, infilate nel sangue dei una Nazione, se ne fregano. Vanno sui giornali, in televisione per qualche giorno e dopo tornano a fare quello che gli riesce meglio: delinquere, a tutti i livelli.
Nessuna assoluzione può sembrare una bella frase, forte, completa, definitiva: in realtà sarà l'ennesimo tassello di un puzzle ormai finito da tempo, in cui non c'è un'autorità, né in cielo né in terra, che tenga.
La vera religione è la loro, quella dei criminali.
A prova di bomba, verrebbe da dire.
Max Ernst, "Pietà or Revolution by Night", 1923, Tate Modern Gallery.
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