Al di là delle celebrazioni entusiastiche, da ieri sera in Europa c'è qualcosa di diverso. La vittoria di "Syriza", al netto delle speculazioni di parte, ha un merito: quello di muovere l'acqua dello stagno. Si sta navigando da molto con una rotta definita e spesso sbagliata, al di là di quelle che potrebbero essere delle correzioni intese a migliorare il viaggio.
Ha vinto una Sinistra ampiamente sostenuta dalla popolazione, ma pur sempre piuttosto piccola nella sua struttura. A dire che si è voluto premiare un leader che ha sempre parlato chiaro, che va oltre il suo peso di iscritti ed elettori fidelizzati. Magari pensando che la politica si faccia con il coraggio e la grinta.
Non discutiamo di insegnamenti o di esempi: ogni Paese ha una storia, un vissuto politico diverso da quello degli altri. L'esportazione di un modello spesso non ha molto senso ed ancora meno un peso reale sulle cose. Guardare oltre il proprio giardino è stimolante, ma poi quel giardino va coltivato da noi.
Per questo Tsipras, che avrà un compito enorme e che dovrà scontrarsi contro una UE che può ancora dettare molto della sua agenda, non è esportabile. Lo è l'idea di fondo, quella che si può cambiare, ma il cui prezzo varia da mercato a mercato.
E proprio in Italia, culla dello sfascismo a Sinistra, è facile entusiasmarsi. Meno, molto meno imparare a riconoscersi una volta per tutte sotto un'unica bandiera (anche ideologica, parola che non piace più a nessuno): da anni si sa, da anni lo si scrive, da anni ci si involve in discussioni eterne, mentre il Paese scivola sempre più verso una piatta forma di non troppo velato regime.
Perciò, lode a Tsipras, ma le mani bisogna sporcarsele con la propria terra.
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