Il diritto di non aver diritti


La vicenda lavorativa del subappalto che la "Unieuro" ha imposto a Pistoia (il dettaglio qui) potrebbe essere tranquillamente una delle migliaia simili, se non identiche, che ogni giorno si vivono in Italia, e non solo. Una delle poche, però, in cui i lavoratori hanno il coraggio di portare davanti agli occhi di tutte le vessazioni, le storture, le mancanze degli impieghi "poco qualificati" e dell'uso smodato ed incontrollato che se ne fa attualmente.

Partiamo proprio dal fatto che queste storie sono coperte dalla paura che viene instillata nei lavoratori da parte di aziende, in subappalto appunto, cui scopo principale è contenere i costi (qualsiasi essi siano) per essere competitive. Logica insegna che l'ultimo anello, l'operatore, è quello che deve costare meno e, di conseguenza, non può avere uno spazio troppo ampio sul bilancio finale: quindi non ha il peso umano e contrattuale che gli si dovrebbe.

Paura di perdere un "lavoro" che molte volte è l'unica fonte di sostegno di una famiglia e che è regolamentato da contratti che quando si definiscono "capestro" non si va lontano dal vero. Qualsiasi forma di tutela è sminuita, se non scomparsa: a partire dai giorni di riposo, dalle turnazioni, ai giorni di malattia è un continuo re-inventare la vita lavorativa di persone che non avranno qualifiche speciali, ma che hanno una loro dignità.

Ed è da tenere presente anche il lato psicologico imposto da tali forme di lavoro. Chi guadagna poco ed ha turni di lavoro massacranti, non vive bene, nè sul luogo di lavoro nè tanto meno fuori. Con le ricadute che chiunque può immaginare a livello di stress psico-fisico: un aspetto che ha riflessi sociali non trascurabili, cui sempre più spesso la società non presta attenzione o che relega all'ambito della farmacologia.

Migliaia di persone, ormai, continuano a sopravvivere senza che si riesca a trovare una reale e concreta maniera di regolamentare queste forme di lavoro, che sembrano non interessare alla politica ed all'imprenditoria. Una forma deviata di impiego, trasversale come età, che l'unica caratteristica di non fornire alcuna garanzia nè prospettiva a coloro che vengono impiegati in mansioni sempre meno qualificanti.

Sarebbe urgente una riflessione, ampia e profonda, da parte di uno Stato, di un Governo e delle sue istituzioni, su questo fenomeno denigrante. Una riflessione di continuo scansata in nome di un profitto che non viene assolutamente a ricadere sulle categorie più disagiate e ricattabili.
Un' altra maniera di nascondere l'incapacità di porre freno alle diseguaglianze che stanno facendo dei danni che ormai appaiono molto profondi.

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