Un Robot per il domani?


Negli scorsi giorni, la "Deloitte" ha pubblicato uno studio secondo il quale, entro il prossimo anno, circa il 61% delle attività lavorative potrebbe essere ridisegnato dall'introduzione della robotica e dall'uso sempre più massiccio della "A.I." (Intelligenza artificiale), mutando di fatto la mappa delle mansioni dei lavoratori Italiani. Ciò  si presuppone anche dal fatto che, ormai, la riconversione delle suddette mansioni avviene, al contrario del passato anche più recente, ogni 3/5 anni.

Se, da un lato, la cosa appare del tutto naturale nell'ottica di una avanzata tecnologica che, ormai, è inarrestabile e logica, dall'altra pone anche dei quesiti sul mondo del lavoro nel futuro. Ponendo la questione, nello specifico, riferendosi all'Italia, emergono alcune contraddizioni piuttosto chiare a queste ipotesi che, seppur inevitabili, si scontrano con una realtà piuttosto disomogenea, frammentata.

Le aziende ad alto tasso tecnologico od avanzate potranno di certo giovarsi delle nuove tecnologie, e soprattutto quelle, come indicato nella ricerca, che operano nel campo delle "Risorse umane", dove si prevede che entro il 2035 tutte le operazione di ricerca, analisi, chiamata e formazione dei lavoratori saranno del tutto automatizzate, lasciando uno spazio sempre minore al fattore del contatto e del colloquio in prima persona.

Ma resta da considerare tutta la gamma di altre attività (indicando come percentuale il 61% c'è da immaginare che lo spettro delle ipotesi coinvolga moltissimi tipi di lavoro) che, allo stato attuale delle cose, non potranno o non vorranno spingere su questo acceleratore tecnologico.
O, almeno, non in una maniera così veloce come quella predetta nello studio.

Premettendo che le mansioni meno qualificate sono quelle a rischio (come sempre, verrebbe da aggiungere), il dubbio che l'Italia si scopra impreparata a questo cambiamento è reale. Basti pensare all'annosa inadeguatezza delle reti telematiche, od alla mancanza di innovazione che moltissime aziende medio-piccole trascinano nella loro storia, che sempre più appare di sopravvivenza, piuttosto che virata ad uno slancio di cambiamento.

Anche la grande industria, certamente più incline a tali prospettive ed economicamente dotata, non sembra riuscire ad emergere con decisione su questo fronte. Fermo restando che le eccellenze esistono e sono anche piuttosto importanti, ciò che le circonda ha un aspetto ancora piuttosto definito in un immobilismo ascrivibile a molte ragioni, soprattutto economiche e, se vogliamo storiche.

Il pensiero che può emergere è quello che a rimetterci da questa "rivoluzione" non rinviabile siano sempre e solo coloro che non sapranno o non potranno, soprattutto, farsi trovare preparati nel momento in cui le cose potrebbero realizzarsi. E' indubbio, infatti, che l'investimento nella formazione dei lavoratori alle nuove sfide od ai cambiamenti eventuali della loro posizione è scarso, se non nullo.

Il pensiero va a tutte quelle categorie meno protette, od alle persone più anziane: tipologie lavorative di nuova concezione sono, al più, precluse per questi lavoratori, sia per, come detto, inadeguatezza delle aziende o per puro e semplice disinteresse da parte del datore. E non ci sono ancora numeri significativi di giovani che possano rilevare del tutto questa fetta di esperienza, anche nelle mansioni meno qualificate.

Mansioni che, in ogni caso, ed è evidente a chiunque, non potranno mai del tutto sparire: mutare, migliorare certamente, ma pensare di sostituire anche coloro che, per molte cause, svolgono lavori meno qualificati è impensabile. Il fattore umano, lo stesso che crea la nuova tecnologia e le nuove "intelligenze", è il vero motore di ogni attività lavorativa. Quindi non rimpiazzabile, non del tutto ed a così breve termine.

Ogni vera rivoluzione, nel mondo del lavoro, è determinante per uno stato e questa appare la meno rinviabile. Ma resta il dato di fatto che, nel nostro paese, ci saranno ostacoli enormi alla sua realizzazione; cosa a cui dovremmo essere abituati, ma che finirà per pesare, anche qui come al solito, sulle spalle dei più deboli.
Ed una vera rivoluzione è tale solo se porta giovamento a tutti.


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