Il muro della vergogna


Avviati durante la presidenza di George H. W. Bush, dagli anni novanta ad oggi, i lavori per la costruzione del muro per fermare l'immigrazione sono proseguiti inesorabilmente, anche durante le amministrazioni democratiche. La presidenza Trump ha incentrato tutta la sua campagna proprio su questa opera ciclopica, che potrebbe costare circa sei miliardi di dollari ed estendersi per 3000 km.

Nel suo avanzare, la costruzione del muro non sta risparmiando i danni all'ambiente ed al patrimonio culturale americano. In questi giorni, si è avuta notizia di esplosioni controllate nell'area dell' "Organ Pipe Cactus National Monument", per consentire la posa in opera di una barriera alta circa 9 metri e che dovrebbe attraversare il territorio del parco per 43 miglia.

Il "Tycoon" ha sfruttato il "Real Id Act" del 2005, invocando ragioni di sicurezza nazionale, per poter derogare tutte le norme a protezione dell'ambiente e, in particolare, per scavalcare la tutela speciale garantita al sito, dichiarato nel 1976 riserva della biosfera dell'Unesco. Gli scavi stanno danneggiando il "Monument Hill", il luogo sacro dove gli O'odham seppellivano i guerrieri Apache rivali.

La costruzione della barriera non si ferma davanti a nulla. Non davanti alle morti delle persone disperate che cercano di attraversare il confine, non per tutelare un ecosistema prezioso, patrimonio di tutta l'umanità. Nemmeno di fronte al rispetto per le zone sacre dei nativi, che hanno sempre visto calpestato il loro diritto di nascita e sono stati privati delle loro terre.

I rappresentanti delle tribù locali ed il deputato Raul Grijalva hanno dichiarato di abitare quelle terre da tempo immemorabile. Quelli sono i resti dei loro antenati, sono il legame con il loro passato, sono il simbolo di un intero popolo, di nazioni di nativi che da secoli vengono oppressi. Eppure sembra che gli ultimi non possano trovare pace, neanche nella morte.

La lunga barriera, che da molti ormai è chiamata "della vergogna", si estende come un ferita per miglia, separando i poveri dal sogno di una vita migliore. La costruzione spazza via tutto ciò che si frappone alla sua avanzata. Gli ambientalisti hanno lamentato anche i danni alla falda acquifera e l'interferenza con la migrazione della fauna selvatica.

Purtroppo, sembra che il potere e la ricchezza siano molto più forti della difesa delle vite umane, dei diritti, della storia, delle tradizioni, delle radici culturali, di un ecosistema prezioso e selvaggio che sarà irrimediabilmente perso. Da una parte i nativi, confinati nelle riserve, dall'altra i migranti, reclusi nei centri grazie all'accordo "Remain in Mexico". Sulle loro vite l'ombra del muro.







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