La minestra delle nonne




Mentre la vita quotidiana degli europei scorreva velocemente fra lavoro, centri commerciali, desideri da soddisfare, affanni e preoccupazioni, un virus tentava con successo il salto di specie. Ascoltare il dramma di un contagio lontano, leggere di morti e necessità di isolamento non ha spaventato quasi nessuno, almeno all'inizio. Era come sapere che laggiù, in qualche luogo sperduto del mondo, si stava morendo per una malattia misteriosa, ma tutti si sentivano immuni grazie alla distanza. In fondo, quando sono state compiute stragi di popolazioni inermi, quando tremendi tzunami hanno devastato intere coste, quando terremoti apocalittici hanno scosso la terra fino a spaccarla, quando sono esplose centrali nucleari, l'essere lontani ha fatto sentire tutti al sicuro. Dopo aver scosso la testa e, magari, scritto un tweet di condanna o di cordoglio, sono state riprese le normali attività.

Nessuno si aspettava che quel virus salterino potesse arrivare così in fretta, il nemico era già in casa e agiva indisturbato, anzi aveva trovato e trova nella laboriosa Europa una alleanza proficua che lo farà sopravvivere a lungo e con successo, purtroppo. In Italia ha già provocato più di 18.000 morti, non solo nella popolazione anziana, ma anche fra i giovani e fra coloro che, per il loro lavoro, soprattutto personale sanitario ed a contatto con il pubblico, sono più esposti alla malattia. L'isolamento sociale appare, per il momento, l'unico modo per fermare la corsa esponenziale dello sterminatore invisibile, ma sembra anche una soluzione di difficile attuazione e i più non la possono accettare. Questa società segue le regole del capitalismo, bisogna produrre, essere efficienti, riaprire le fabbriche in sicurezza per garantire il profitto e i salari. Gli industriali e gli imprenditori delle regioni maggiormente colpite insistono per ripartire subito.

Certamente, lo spettro della recessione, per i più pessimisti della depressione, allunga su tutti la sua ombra oscura. Le attività devono riprendere, ma al contempo è ormai impossibile non pensare ad un cambiamento radicale, una rivoluzione che non può più attendere perché da essa dipende la sopravvivenza. Ci si deve domandare se sia corretto attribuire un valore economico alla vita umana. Lo devono fare in primis i rappresentanti delle istituzioni, i politici, gli industriali, gli imprenditori e in generale tutti coloro che hanno potere decisionale e responsabilità. In grande scala, la situazione riporta alla questione dell'ILVA di Taranto. Quale era la scelta migliore: far lavorare le persone e far vivere una città intera in condizioni di pericolo, pur di non fermare la produzione, o salvaguardarle ma fermare l'industria e far perdere loro il salario?

E' complesso trovare risposte adeguate, forse impossibile. Gli avvertimenti degli scienziati sulla urgenza di ridurre le emissioni e l'inquinamento sono rimasti praticamente inascoltati, ma sembra che il virus colpisca proprio le aree dove i livelli di polveri sottili e altri agenti tossici sono più elevati. In questo periodo di stop obbligato, la natura va avanti, si riappropria degli spazi che l'umanità ha invaso, si scrolla di dosso la cappa di fumo che la soffocava. Dunque, si riparta, ma lo si faccia con il passo giusto, adottando tutte le precauzioni necessarie, cambiando prospettiva su cosa sia realmente importante, riportando al centro il rispetto per l'ambiente e la dignità dei lavoratori. Non si insegua ciecamente il mero profitto, perchè nessuno deve essere considerato sacrificabile e prima di tutto i lavoratori, cuore pulsante della società, devono essere tutelati.

La solidarietà dovrebbe permeare le vite di tutti, è venuto il tempo di comprendere che ognuno è legato agli altri e tutti sono in stretta connessione con il mondo intero, che non esiste alcun evento che non ci riguardi o non sia potenzialmente in grado di coinvolgerci o travolgerci. Il pensiero torna ai racconti delle nonne, quando, ricordando tempi di grandi povertà, narravano che ci si sfamava perchè nella comunità ognuno portava qualcosa, tanto da riuscire a preparare una minestra per tutti.
L'esempio potrebbe apparire banale, ma in fondo è ciò che ognuno è chiamato a compiere, dal singolo fino alla comunità internazionale. Gli Stati devono trovare la coesione sociale, sostenere i redditi e l'economia, gli uni verso gli altri. In questo modo, si spera, si riuscirà a riprendere il cammino, senza nazionalismi, dando ascolto alla scienza e con gli occhi fissi su un futuro possibile, in un mondo rinnovato e nel quale valga la pena vivere.











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