L' apparenza inganna.





Seppur Schnitzler definisse il pentimento come una "...soluzione soltanto apparente", resta pur vero che tale sentimento può essere foriero di un reale ravvedimento di fronte ad atti (o pensieri) che si rivelano sbagliati, pericolosi, fallaci. Molto spesso chi si pente lo fa nell'ambito della propria vita personale e spirituale, con un ristretto numero di persone, che si possono sentire offese o turbate da un determinato comportamento: una riflessione può rimettere a posto molte cose, anche se è pensabile che ciò non sia sempre possibile.

Più difficile e sicuramente meno comprensibile è il pentimento pubblico, l'assunzione delle proprie responsabilità dopo avvenimenti che coinvolgono intere comunità, se non addirittura Nazioni. Emblematico, ma solo ultimo di una pletora di simili azioni, è quello dei Carabinieri della ormai nota stazione di Piacenza. Emergono, ora, le loro debolezze umane, che sono connaturate alla nostra natura, ma non all'educazione del singolo: se tutti possiamo provare le stesse cose, avere i medesimi desideri, ciò che ci rende diversi è il modo in cui abbiamo il controllo su di essi.

Il ruolo pubblico che le persone possono avere, sembra banale ricordarlo, le pone in uno stato per cui c'è un "oltre" al proprio sentire: c'è la responsabilità ben chiara e assunta (si spera) con discernimento di dover essere migliori, e senza che questo termine sia virgolettato. Se è vero che l'essere civili, rispettosi dell'altro, corretti è un modo di vivere che trascende cariche e ruoli, resta imprescindibile apporre al proprio comportamento lavorativo, pubblico, comunitario un "di più" che fa divenire affidabili, valutabili in maniera benevola e che rende le persone degne di fiducia.

Tradire questo impegno non è soltanto mancanza di rispetto verso se stessi, la propria umanità, la propria dignità (in fondo, ognuno è libero di rovinarsi la vita in milioni di modi), ma fa decadere negli altri quel senso di cui sopra, quell'affidarsi ad altri perché ritenuti degni di svolgere un ruolo che ha un senso morale alto, di valore. Ed allora lacrime, scuse, promesse perdono il valore che pure hanno: l'umanità non è solo bellezza ed equità, lo sappiamo. Anzi. Molto più spesso è il contrario.

Ci si può anche sentire vicini a chi commette errori, ma non si deve dimenticare mai che ciò che si compie resta, fino a conseguenze che sono estreme e dove non vi è "ritorno" (i casi di morte per percosse, tanto per essere chiari). E' lecito, quindi, domandarsi se pentirsi non sia la via più semplice per trovare una scorciatoia legale, un passaggio agile tra le maglie del pensiero della società, per essere dimenticati in fretta, magari pagando meno del dovuto.

Può sembrare ragionamento giustizialista e superficiale. Certo. Ma chiunque sappia che cosa vuol dire compiere azioni che fanno male, che ledono per sempre la visione che gli altri hanno di noi (anche e forse soprattutto nel privato) sa che non è obbligatorio per alcuno comprendere ragioni che esulano dal proprio pensiero su ciò che è bene e ciò che è il male. Senza per questo scadere, chiaramente, nell'accomunare chiunque faccia parte, come nel caso, di una certa categoria a coloro che, evidentemente, non hanno e non avevano i requisiti morali per poter ricoprire con raziocinio e lealtà un ruolo che deve instillare sicurezza.



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