Nelle pieghe degli Stati.




C'è stato un tempo in cui le cose, per gli Stati, sono cambiate: è il momento in cui le banche hanno iniziato a contare più dell'economia prodotta dal lavoro, dagli investimenti nel settore pubblico, dal risparmio dei cittadini. Da anni gli istituti finanziari hanno in mano la vera leva economica mondiale e ne abbiamo avuto una brutale esperienza nel 2008, con una "crisi" che appare sempre più pilotata dalle banche verso un tempo indefinito per poter creare nuova ricchezza. Una ricchezza che non viene di certo redistribuita, ma che aumenta il potere decisionale e, di conseguenza, quello effettivo sulle nazioni di tutto il mondo.

Da qualche mese, con la pandemia da "Covid-19", la sanità pubblica si è ritrovata spesso impreparata e senza mezzi: situazione ipotizzabile, almeno in Italia, date le continue rimodulazioni economiche a sfavore di ricerca e potenziamento delle istituzioni sanitarie non private. Al di là di un discorso politico ed istituzionale, situazioni come la nostra si sono ripetute anche in altre nazioni. Una "piega" in cui si sono infilate le grandi aziende tecnologiche; come le banche, hanno intuito il momento di crisi umana e sanitaria per iniziare a ampliare la propria influenza e presenza nelle attività di cura e tracciamento del virus.

Soprattutto negli Stati Uniti, dove "Google", "Apple" e "Facebook" hanno le loro sedi e i loro contatti universitari e medici più solidi, si assiste ad una sorta di mecenatismo tecnologico volto alla raccolta di una mole sempre più massiccia di dati sanitari (e, quindi, personali) da usare per prevenire, perfino predire l'andamento del "Covid-19" e per fornire strumenti alla sanità per poter svolgere ricerche e cure mirate, sempre più precise. Una sorta di "Smart Sanity" che, a guardare bene, ha sempre quel risvolto un po' fumoso che si ritrova quando questi colossi economici e tecnologici impostano azioni volte al nostro benessere, attuale e futuro.

Immersi nella tecnologia, usando sempre più app e strumenti di rilevamento dei nostri dati fisici ("Smartwatch", smartphone usati per registrare i nostri spostamenti ed allenamenti, applicazioni per valutare i progressi sportivi), stiamo creando una rete globale di informazioni che queste aziende utilizzano per poter costruire un nostro profilo accurato da fornire agli stati, permettendo loro di conoscere qualsiasi parametro possa tornare loro utile per circoscrivere e neutralizzare la minaccia del virus ed, un domani, poter fornire cure mirate e personalizzate ad ognuno di noi. Almeno in teoria è questo lo scopo.

Facile intuire che qui stiamo scrivendo di organizzazioni che non stanno sul mercato solo per il bene delle comunità, anche se il messaggio che voglio inviare (e lo fanno quotidianamente) è proprio questo. Malizia vuole che si sia portati a pensare che le profilazioni, fino a pochi mesi fa usate per proporre tecnologia (la loro) e suggerimenti commerciali, adesso divengano monetizzabili in altro modo: dando la possibilità a chi ci governa, dietro compenso -ovvio-, di fare ciò che essi stessi non riescono a fare proprio per mancanza di competenze tecniche e mezzi economici.
Do ut des. 

E' immaginabile una futura presenza persistente e sempre più ampia di questi veri e propri "Stati del Web" nell'organizzazione delle singole Nazioni: anche perché questo genere di attività non è affatto mal visto dalla politica, incapace di dare risposte rapide e soluzioni efficaci a emergenze di vasta scala come quella attuale. Affidandosi al web, a chi lo gestisce quella piega in cui si è fatta entrare questa idea di beneficenza sanitaria si allarga. Ed è comprensibile che vi sia un semplice ragionamento da fare sull'uso che potrebbe essere fatto dei nostri dati, su come le nostre vite siano sempre meno private e sempre più ridotte a serie di numeri da vendere, ed a un buon prezzo.

Sempre più persone sono disposte a cedere una parte consistente della proprio privacy a favore di una promessa di benessere e sicurezza che è teoria: stiamo alla parola di organizzazioni che scientemente sono nate per produrre profitti, per inglobare l'economia mondiale stessa. Talmente grandi e ramificate da apparire, spesso, intoccabili. La questione, alla fine, è una sola: quanto ognuno di noi è consapevole e sereno nel sapere che il domani appartiene a qualcun altro. Essere ridotti ad un numero, si diceva, non è morale.
Essere ridotti ad un dato lo è? 

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