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Il Mediterraneo è sempre stato teatro di grandi migrazioni, fossero esse dettate dalla necessità di sfuggire ad una guerra, ad una persecuzione o determinate dalla speranza di condurre una vita migliore. Virgilio canta di greci e troiani che sfidarono il mare per approdare presso le coste dell'Italia meridionale, stringendo alleanze con le popolazioni locali e fondando città. Il mito nasce dalla realtà e nel meridione si rinvengono le tracce di una migrazione micenea avvenuta nel secondo millennio.
Il Mediterraneo è sempre stato teatro di grandi migrazioni, fossero esse dettate dalla necessità di sfuggire ad una guerra, ad una persecuzione o determinate dalla speranza di condurre una vita migliore. Virgilio canta di greci e troiani che sfidarono il mare per approdare presso le coste dell'Italia meridionale, stringendo alleanze con le popolazioni locali e fondando città. Il mito nasce dalla realtà e nel meridione si rinvengono le tracce di una migrazione micenea avvenuta nel secondo millennio.
Non sempre l'accoglienza e l'integrazione sono state scontate. Tuttavia, questi continui flussi di popoli portarono ricchezza, progresso e benessere. E come spesso si deve constatare, nel bene e nel male l'umanità sembra non apprendere dal passato. Dopo il naufragio di Lampedusa dell'ottobre del 2013, nel quale persero la vita 339 persone, l'Italia lanciò l'operazione Mare Nostrum per fronteggiare l'emergenza umanitaria nello Stretto di Messina.
Dal 2015 le operazioni che si sono susseguite sono passate sotto il controllo di Frontex, la priorità non è stata più salvare vite, ma controllare le frontiere. Le navi che si occupano del salvataggio devono attraccare nel porto sicuro più vicino. A causa di una politica che si è nutrita di odio e paura verso le persone migranti, l'opinione pubblica sembra diventata insensibile alle morti in mare, alla situazione dei disperati che tentano l'impossibile per trovare salvezza.
Il flusso dei profughi e di tutti coloro che, per varie ragioni, fuggono dai paesi di origine è aumentato e i paesi europei hanno siglato accordi per chiudere le frontiere. In particolare, i profughi vengono fermati in Turchia, nei campi allestiti nelle isole greche, nei lager in Libia. Più volte i porti di quest'ultimo paese sono stati dichiarati non sicuri, ma i respingimenti continuano, condannando le persone ad essere intrappolate in luoghi di tortura, schiavitù e morte.
Anche i naufragi sono aumentati, soprattutto da quando è stato scatenato un dibattito strumentale ed aggressivo che, con furia cieca, ha messo in dubbio il lavoro delle ONG e della parte di società civile sgomenta di fronte a tanta disumanità. Da alcuni rappresentanti delle istituzioni è stato, perfino, messo in dubbio il dovere di salvare vite umane. Le imbarcazioni sono state sequestrate e per lunghi periodi è stato di fatto impedito che prestassero soccorso.
Sono giunte notizie terribili. Un susseguirsi quasi continuo di naufragi di barconi e gommoni. Le grida disperate delle vittime si sono perse nel fondo del mare, i loro corpi sono andati alla deriva per giorni senza che nessuno li recuperasse. Bisognerebbe analizzare le motivazioni che spingono persone allo stremo delle forze a rischiare la vita e sottomersi agli scafisti. Sono le restrizioni agli accessi che rendono pressochè impossibile chiedere protezione internazionale all'Europa.
Di fronte ad uno scenario sempre più delicato e complesso, l'unica via accettabile sarebbe quella di cambiare le politiche europee sulle migrazioni, tornare a pensare che salvare vite sia la priorità e non subordinare i diritti umani ai rapporti commerciali ed alle strategie econimiche fra i paesi coinvolti, ai ricatti della Turchia ed alle richieste di Haftar o Al Sarraj. In Libia c'è la guerra e molti denunciano che i migranti vengono rapiti per farli combattere, come schiavi.
Nel giorno di ferragosto si è diffusa la notizia di una inchiesta del New York Times che ha svelato i respingimenti illegali messi in atto in Grecia. I richiedenti asilo vengono prelevati dai campi con l'inganno, imbarcati nottetempo e trasferiti, una volta in mare aperto, su gommoni senza motore e timone. Infine, vengono abbandonati alla deriva nei pressi delle acque territoriali della Turchia.
Una aperta violazione delle norme in vigore e soprattutto dei diritti umani.
L'Europa non può restare a guardare. Nessuno può ignorare che ci sono migliaia di persone ammassate nelle isole greche, in campi profughi come Moria e Lesbo. Uomini, donne e bambini rinchiusi nei lager della Libia, dove manca un governo che possa garantire loro sostentamento e sicurezza. Persone che scompaiono e vengono costrette a combattere. Una umanità sofferente grida chiedendo aiuto e l'Italia, invece di ascoltare, ha rinnovato gli accordi per tenerli prigionieri.
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