Ogni giorno una donna viene assassinata o subisce forme di violenza fisica e verbale. L'agente non è quasi mai una persona estranea, ma un compagno, un marito, un amante. La situazione è talmente grave che negli anni novanta si è iniziato a parlare di femminicidio, un neologismo che racchiude tutti i casi di omicidio per motivi di genere. Ma nulla nasce dal nulla: è la società ad essere malata perchè vige la disparità, il genere femminile viene considerato debole, inferiore, messo sul piano del servizio.
Anni ed anni di lotte non sono bastati. Quando si afferma di essere femministe a volte si viene considerate obsolete. Il movimento femminista è certamente cambiato, si punta alla parità nel rispetto della differenza. Ma non è cambiata la società, il patriarcato affonda le radici nella storia e ha trovato un alleato forte nel neoliberismo. Perchè le donne possano trovare spazio nel mondo del lavoro, della politica, nei ruoli dirigenziali, nel mondo scientifico sono ancora necessarie le quote rosa.
Ancora troppo spesso sono gli stessi giornalisti che nel raccontare un femminicidio usano espressioni inaccettabili: l'amava troppo, era un gigante buono, era un bravissimo padre di famiglia, era un ottimo marito. Perfino le madri degli assassini finiscono per giustificarli, perchè relegano le altre nei ruoli che la società patriarcale attribuisce da sempre al genere femminile: moglie, madre, sposa. Colei che deve cucinare, lavare, pulire la casa, occuparsi dei figli e svolgere compiti di accudimento.
Nel 2020 le vittime di femminicidio sono già più di novanta, ma il numero è destinato ad aumentare. Gli studi ci informano che la coppia rappresenta il contesto relazionale più rischioso per le donne. Frequentemente, gli assassini avvengono al culmine di più o meno lunghi periodi di maltrattamento. Ci si chiede perchè le donne non denuncino, perchè non lascino un partner violento. Nella maggior parte dei casi si vergognano del giudizio altrui, sanno che saranno colpevolizzate.
La struttura sociale con i suoi stereotipi, intrisa di maschilismo e sostanzialmente priva di uguaglianza, genera il substrato ideale per il soggetto violento, un maschio che considera la donna come un oggetto, priva di capacità critica, senza possibilità di autodeterminarsi. Quando lei si vuole allontanare, lui non accetta il distacco, lo vieta, arrivando al gesto estremo di toglierle la vita. Assassini sostenuti da contesti nei quali la violenza domestica non è percepita come un crimine.
Gli stereotipi di genere determinano il ruolo della donna e dell'uomo nella società. Per questo bisogna capire che per arginare un fenomeno così grave, si deve intervenire subito a livello culturale. Non si può accettare che i media continuino a diffondere l'immagine di donne ammiccanti che lavano i pavimenti, stirano, cucinano, preparano pranzi deliziosi in attesa che il compagno torni a casa e si sieda a guardare la tv. Ci si deve ribellare con forza quando vengono proposte donne oggetto.
Deve essere seriamente messa in discussione la struttura patriarcale della società: le nuove generazioni educate alla parità di genere, le donne devono imparare ad essere solidali fra loro, il linguaggio deve cambiare perchè le parole sono importanti. Le donne che decidono di denunciare devono essere difese dallo Stato, non con i grandi proclami, ma nei fatti, fornendo loro l'aiuto economico e psicologico necessario per liberarsi dalla catene di una relazione sbagliata.
E' un cammino lungo, ma se si riuscirà a riconoscere che il femminicidio è il prodotto della struttura sociale, forse si potranno mettere in atto misure di prevenzione e non solo di repressione, visto che queste non hanno dato risultati significativi. Si tratta di un impegno notevole, i risultati si potranno ottenere solo se gli sforzi saranno condivisi e se ognuno si renderà conto della voragine che esiste fra i generi e si attiverà per cambiare.
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